Per una sintesi del pensiero del beato John Henry Newman di Edoardo Aldo Cerrato
La verità non è un’opinione
La beatificazione di John Henry Newman certifica che egli ha vissuto da vero discepolo di Cristo, lui che alla domanda rivoltagli da un bambino – “Chi è più grande: un cardinale o un santo?” – aveva risposto: “Vedi, piccolo mio, un cardinale appartiene alla terra: è terrestre; un santo appartiene al cielo, è celeste”. Ma mette in evidenza anche – è elemento fondamentale della vita di Newman – l’uomo che per tutta la vita ha cercato la verità con una onestà intellettuale e una capacità di tener conto di tutti i fattori che lo hanno reso un precursore di molte scoperte divenute patrimonio comune della Chiesa.
Il pensiero newmaniano non è facile da sintetizzare in un sistema unitario: Newman è un profondo pensatore, una personalità intellettualmente poliedrica che, anche negli scritti apparentemente più teorici, si è lasciata guidare da avvenimenti interiori ed esterni, come ha messo in evidenza Roderick Strange nel suo recente John Henry Newman. Una biografia spirituale: “fu sempre più interessato alla realtà che alla teoria. Si occupava di ciò che veramente accadeva”.
Se da sempre il pensiero di Newman ha suscitato interesse per la ricchezza, oggi esercita un fascino particolare anche per la sua attualità.
Tra gli innumerevoli elementi che giustamente dovrebbero essere sottolineati ne scegliamo uno, che ci pare, tra l’altro, sotteso a tutti: quello che Newman stesso volle porre al centro del “discorso del biglietto” – per la nomina a cardinale – da lui pronunciato il 12 maggio 1879 a Palazzo della Pigna a Roma e riportato integralmente due giorni dopo sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano”:
“Per trenta, quaranta, cinquant’anni ho cercato di contrastare con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione. Mai la santa Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che vi si opponesse più di oggi, quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come trappola mortale su tutta la terra; e nella presente occasione, così grande per me, quando è naturale che io estenda lo sguardo a tutto il mondo, alla santa Chiesa e al suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che io rinnovi quella condanna che già così spesso ho pronunciato. Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che più colpisce la sua fantasia. La devozione non si fonda necessariamente sulla fede. Si possono frequentare le Chiese protestanti e le Chiese cattoliche, sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna. Si può fraternizzare e avere pensieri e sentimenti spirituali in comune, senza nemmeno porsi il problema di una comune dottrina o sentirne l’esigenza. Poiché dunque la religione è una caratteristica così personale e una proprietà così privata, si deve assolutamente ignorarla nei rapporti tra le persone. Se anche uno cambiasse religione ogni mattina, a te che cosa dovrebbe importare?”.
Al Simposio organizzato dal Centro degli Amici di Newman nel 1990 per il primo centenario della morte del fondatore dell’Oratorio inglese, il cardinale Joseph Ratzinger affermava: “Tutta la vita di Newman fu il superamento della posizione del soggettivismo evangelico, in favore d’una concezione del cristianesimo fondata sull’oggettività del dogma. A questo proposito trovo sempre grandemente significativa, ma particolarmente oggi, una formulazione tratta da una delle sue prediche dell’epoca anglicana. Il vero cristianesimo si dimostra nell’obbedienza, e non in uno stato di coscienza. Così tutto il compito e il lavoro di un cristiano si organizza attorno a questi due elementi: la fede e l’obbedienza; “egli guarda a Gesù” (Ebrei, 2, 9) e agisce secondo la sua volontà. Mi sembra che oggi corriamo il pericolo di non dare il peso che dovremmo a nessuno dei due. Consideriamo qualsiasi vera e accurata riflessione sul contenuto della fede come sterile ortodossia, come astruseria tecnica. Di conseguenza facciamo consistere il criterio della nostra pietà nel possesso di una cosiddetta disposizione d’animo spirituale”. E continuò sottolineando il legame tra verità e coscienza personale: “Newman insegnava che la coscienza doveva essere nutrita come “un modo di obbedienza alla verità oggettiva”” (“Euntes Docete. Commentaria Urbaniana”, Roma, xliii/1990/3, pp. 431-436).
Newman testimonia con la sua vita intera la centralità che in lui occupa questa convinzione e quanto disastrose egli ritenesse le conseguenze del mancato riconoscimento della religione rivelata come vera, oggettiva, del considerarla qualcosa di privato da cui scegliere per sé quel che pare: viene alla mente, pensando a tali conseguenze, ciò che ancora alla vigilia della sua elezione al pontificato, nella messa pro eligendo Pontifice, disse il cardinale Ratzinger: una barca scossa dalle onde create da correnti ideologiche, “dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo a un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. (…) Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
Tutto il cammino di Newman testimonia che la via della coscienza non è chiusura nel proprio “Io”, ma è apertura, conversione, obbedienza a Colui che è l’amore e la verità: tra coscienza e verità c’è un legame intrinseco, e la dignità della coscienza non comporta il minimo cedimento all’arbitrarietà o al relativismo. E testimonia che la ragione – lo diciamo con le parole di Fortunato Morrone nella relazione al convegno “John Henry Newman oggi, lògos e dialogo” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (2009) – “colta nella concretezza dell’esperienza umana dei singoli, fatta di relazioni, di immaginazione, di sentimenti, di puntuali e limitate contingenze storiche (…) possiede una sua dinamica che tende inevitabilmente alla verità”.
“Ex umbra et imaginibus ad veritatem”. “Cor ad cor loquitur”. Nelle parole dettate da Newman per l’epigrafe della sua tomba e in quelle da lui scelte come motto per lo stemma cardinalizio, c’è davvero la potente sintesi di un immenso patrimonio di pensiero e di convinzioni.
(©L’Osservatore Romano – 17 settembre 2010)