La Facoltà di Magistero-Lettere (1969-1999) I di Angelino Tedde

I promotori

Fin dalla fine degli Anni Cinquanta, allo scopo di dare ai giovani sassaresi e sardi una formazione integrale della persona umana, secondo una concezione sempre più alta della scienza, dove la conoscenza venisse messa al servizio della società in una prospettiva etica, l’Arcivescovo di Sassari mons. Arcangelo Mazzotti, amico fraterno di padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano aveva pensato all’istituzione in Sassari di una “sezione” della Facoltà di Magistero della Cattolica. Il presule, che mirava a rispondere alle esigenze di quegli insegnanti elementari che intendevano conseguire la laurea in un contesto scientifico di ispirazione cristiana, non riuscì per le precarie condizioni di salute ad attuare il progetto.

Tuttavia il dibattito sull’opportunità di istituire a Sassari la Facoltà di Magistero si fece più pressante verso la fine degli Anni Sessanta sia per le richieste dei maestri sia per quelle di numerosi professori-studenti che, reclutati senza laurea per insegnare nella Scuola Media Unica di recente istituzione, miravano a conseguire il titolo accademico evitando il disagio che comportava il trasferimento a Cagliari.

Le resistenze all’istituzione della Facoltà furono tante sia fuori che dentro il mondo accademico sassarese e cagliaritano come chiaramente documentano le cronache de “La Nuova Sardegna” di quegli anni. I promotori sassaresi tuttavia, con la municipalità in testa, a capo della quale stava l’operoso sindaco Francesco Guarino, riuscirono a vincere le ultime resistenze del mondo accademico e dopo qualche anno di acceso dibattito che vide coinvolti esponenti della scuola e intellettuali, tra i quali lo stesso Antonio Pigliaru e l’allora giovane Luigi Berlinguer, si diede l’avvio all’iniziativa.

Il 29 novembre del 1969, i consiglieri d’Amministrazione dell’Università, alla guida del rettore Giovanni Pau, obtorto collo deliberarono di modificare lo Statuto dell’Ateneo, istituendo la Facoltà di Magistero con i corsi di laurea in Materie letterarie, Pedagogia, Lingue e letterature straniere, diploma di Vigilanza scolastica.

Il 10 dicembre di quell’anno nella Gazzetta Ufficiale fu pubblicato il D.P.R. n. 42 concernente l’approvazione di detta delibera istitutiva della nuova Facoltà, con il relativo piano delle singole discipline.

I Comitati Tecnici Boscolo e Monaco.

Alberto Boscolo (1969-72)

A comporre il comitato tecnico della Facoltà furono chiamati i professori Antonio Alberto Boscolo dell’Università di Cagliari, in qualità di presidente, Antonio Quacquarelli e Pierangelo Catalano dell’Ateneo turritano, quali membri; Massimo Pittau, professore di Linguistica sarda, che assunse l’incarico di segretario.

A far parte del corpo docente della neonata Facoltà, nel suo primo anno di vita (1969-70) furono chiamati Massimo Pittau, per l’insegnamento di Linguistica sarda e Pedagogia, Francesco Alziator per Filologia romanza e Storia delle tradizioni popolari, Marco Antonio Aimo e Antonio Battegazzore per Storia della filosofia, Angelo Beretta per Psicologia, Manlio Brigaglia per Storia contemporanea, Mario Casu per Lingua e letteratura italiana, Francesco Casula per Storia medievale, Ercole Contu per Antichità sarde, Luisa D’Arienzo per Paleografia e Diplomatica, Armando Deidda per Lingua e letteratura tedesca, Giuseppe Dondi per Biblioteconomia e Bibliografia, Mario Lavagettto per Lingua e letteratura italiana, Marcello Lelli per Sociologia, Aldo Loiodice per Istituzioni di diritto pubblico e legislazione scolastica, Mario Manca per Lingua e letteratura inglese, Laura Mancinelli per Filologia germanica, Pietro Meloni per Lingua e Letteratura latina II, Gavino Musio per Antropologia culturale, Antonio Possenti per Lingua e letteratura francese, Vittorio Saltini per Filosofia, Sandro Schipani per Storia romana, Angelo Raffaele Sodano per Lingua e Letteratura latina II e Glottologia, Mario Soricillo per Geografia.

Gli studenti di quell’anno furono 323, con quella netta prevalenza delle studentesse (248) comune a tutte le Facoltà di Magistero.

Le attività didattiche, in assenza di una sede della Facoltà, si svolsero nei locali dell’associazione Collegium Mazzotti in piazza Duomo, 2 e in via Arcivescovado, 7.

L’anno successivo (1970-71) si costituirono cinque istituti (scienze storiche, pedagogia e sociologia, filosofia, latino, filologia moderna) sotto la direzione dei professori Manlio Brigaglia, Massimo Pittau, Vittorio Saltini, Pietro Meloni, Mario Lavagetto. Gli studenti iscritti toccarono le 764 unità (209 maschi, 555 femmine) divenuti l’anno successivo (1971-72) 1401 (545 maschi, 856 femmine).

Nonostante le numerose difficoltà, fra cui primeggiava l’assenza di strutture logistiche stabili, la nuova Facoltà aveva superato brillantemente la prova, quella del gradimento dell’utenza studentesca.

Giusto Monaco (1972-75)

Esaurito il proprio compito, il primo comitato tecnico, uscì di scena e al suo posto subentrò il nuovo, costituito dai professori Giusto Monaco della medesima Università, presidente, Geo Pistarino, dell’Università di Genova, Giancarlo Sorgia, dell’Università di Cagliari, membri, mentre Massimo Pittau continuava ad assolvere la sua funzione di segretario.

Gli studenti iscritti raggiunsero le 1886 unità, mentre non vi fu alcun incremento del corpo docente. La Facoltà affrontò le prime difficoltà non solo per l’acquisizione di spazi adeguati, ma anche per la gestione didattica e amministrativa. Gli inevitabili disagi connessi al suo radicamento, suscitarono la protesta degli studenti che occuparono i pochi locali messi a disposizione chiedendo un maggior coinvolgimento nella gestione politica della struttura universitaria.

Nell’anno accademico successivo 1973-74 vi furono i primi 157 laureati (50 maschi e 107 femmine) gli iscritti scesero a 1254 unità.

Nel frattempo il corpo docente si era consolidato, ed ora poteva contare un titolare di cattedra, 16 docenti, 20 incaricati e un libero docente per un totale di 37 unità, a questi si aggiungevano un buon numero di docenti di scuola media superiore, in qualità di esercitazionisti. Il personale coinvolto a vario titolo nella didattica, oltrepassava ora le 75 unità. Furono assunti i primi assistenti e varati quei contratti di ricerca che dovevano costituire il canale privilegiato per il reclutamento e la formazione delle nuove leve, necessarie alla vita stabile di una Facoltà universitaria previsti dall’istituzione della Facoltà e dati alcuni assegni di ricerca a giovani laureati.

La Facoltà cominciò ad avere un congruo numero di unità amministrative e il comitato tecnico si apprestava a lasciare il campo dopo aver bandito un concorso per 10 posti di ordinario che entrarono in servizio con l’anno accademico 1974-75, portando ad 11 il numero dei titolari di cattedra, a 27 quello degl’incaricati stabilizzati, cui si aggiungevano 20 incaricati annuali più una decina di contrattisti e alcuni assegnisti e numerosi cultori della materia.

L’assegnazione dell’ex-Caserma Ciancilla, in piazza Conte di Moriana, storica sede della Milizia fascista sassarese, edificata negli Anni Trenta, già sede della Facoltà di Veterinaria, segnò la fine della precarietà logistica per la Facoltà di Magistero che, da quel momento rafforzò non solo la sua identità nel tessuto urbano cittadino, ma anche il suo impianto amministrativo, didattico, scientifico.

I Presidi

Massimo Pittau (1975-1978)

Il primo preside della neo-Facoltà, Massimo Pittau, dovette fare i conti con le turbolenze che connotavano la vita universitaria di quegli anni in tutto il Paese, e che non risparmiavano Sassari. I Consigli di Facoltà erano aperti a tutte le componenti: studenti, professori; contrattisti, assegnisti e personale amministrativo.

La vita interna della Facoltà non fu lacerata da episodi di violenza ed anzi si sperimentarono didattiche e ricerche scientifiche innovative. Basti ricordare la figura di Marcello Lelli, coordinatore e maestro del gruppo di scienze sociali, che faceva sentire la sua voce nella stampa e nei dibattiti pubblici, in un periodo in cui la città era anche vivacizzata da un rinascente sardismo dall’anima “irlandese” e “sardofona”

Da menzionare anche le manifestazioni teatrali itineranti e di didattica “dantesca” alternativa promosse da Egidio Guidubaldi, docente di Letteratura italiana e operatore culturale che sapeva innescare vivaci dibattiti di risonanza nazionale.

Ettore Cau (1978-79).

Ettore Cau, ordinario di Paleografia e Diplomatica, di origine sarda, ma di formazione pavese, resse la presidenza per un breve periodo che coincise con un progressivo ritorno al rispetto delle regole accademiche cominciando dal Consiglio di Facoltà, aperto ai soli professori strutturati. Le punte avanzate della contestazione studentesca si stemperarono via via per la maggior vigilanza delle forze dell’ordine e per il mutato clima politico. Sul piano accademico va segnalata l’accresciuta presenza di docenti pendolari, provenienti da sedi esterne, solitamente inquadrati nella nuova Facoltà sulla scorta degli esiti concorsuali.

Ercole Contu (1979-1982)

Ercole Contu, già libero docente di Paletnologia, Soprintendente alle Antichità di Sassari e Nuoro, incaricato già dall’a.a. ’69-70 e ormai professore ordinario. La sua presidenza fu contraddistinta da una più severa organizzazione amministrativa, didattica e quindi da una “normalizzazione” del funzionamento della struttura. La Facoltà poteva contare su un sufficiente numero di aule didattiche, su vari istituti, e su un crescente numero di docenti, rafforzato da una decina di lettori di lingue straniere. Accanto agli elementi locali, divenne sempre più cospicuo il numero di docenti provenienti dall’Ateneo cagliaritano e da altre Università della Penisola.

Con il D.P.R. 11 luglio 1980, ultima significativa riforma della docenza universitaria, si effettuò quel riordino ormai improrogabile che soppresse le numerose figure precarie istituendo i tre livelli in cui si articola ancora oggi il corpo accademico: professori di prima fascia (ordinari), di seconda fascia (associati), ricercatori.

Nell’immediato essa favorì l’incardinamento all’interno dell’Università dei numerosi docenti che si dividevano fra le aule dell’Ateneo e quelle degli istituti di istruzione secondaria, rafforzando notevolmente la qualità dell’offerta didattica complessiva. Partendo da questa nuova situazione il preside Ercole Contu tentò invano di avviare le procedure per trasformare la Facoltà di Magistero in Facoltà di Lettere e Filosofia.

Marco Tangheroni (1982-1983)

Alla guida della Facoltà subentrò per breve tempo il giovane Marco Tangheroni, ordinario di Storia Medioevale, che dovette abbandonare l’incarico per effetto del suo trasferimento a Pisa. In quell’anno il corpo docente giunse a contare 51 professori, sommando le due fasce accademiche, ai quali si aggiunsero una quindicina di ricercatori provenienti dalle file di contrattisti e assegnisti.

Sotto la sua presidenza si costituì inoltre il primo dei dipartimenti previsti dalla legge, quello di Storia, nel quale confluirono accanto a docenti di Magistero altri di Giurisprudenza: si sperimentava così quella struttura il cui scopo era quello di promuovere e coordinare la ricerca, predisponendo prima di tutto gli strumenti a ciò necessari – una biblioteca specializzata, le attrezzature e appositi locali nonché un autonomo centro di spesa per snellire l’erogazione dei finanziamenti – ma soprattutto organici progetti di ricerca scientifica.

Nel brevissimo periodo della presidenza di Marco Tangheroni si raccolsero, insomma, i frutti dei primi faticosi dodici anni di vita della nuova Facoltà, ormai accettata a pieno titolo nel consesso accademico e in quello cittadino.

Pasquale Brandis (1983-1989)

In quello stesso anno ebbe inizio la presidenza di Pasquale Brandis, ordinario di Geografia, durante i quali divennero evidenti i problemi connessi ai frequenti trasferimenti dei docenti che, qui giunti come vincitori di concorso, risiedevano per un periodo solitamente breve per poi insediarsi in un altro Ateneo.

Si avviarono le pratiche per la costruzione del nuovo edificio della Facoltà nella contigua via Zanfarino ma soprattutto si infittirono le occasioni di contatti scientifici con l’esterno per effetto di una vivace attività di incontri di studio, di convegni e di congressi di richiamo nazionale e internazionale.

Nacque in quel periodo un secondo dipartimento – Economia Istituzioni Società – al quale aderirono oltre ai docenti di Sociologia, Psicologia Antropologia culturale anche altri di Giurisprudenza.

Non inferiore fu la crescita degli istituti a intensa specializzazione quali quelli di Antichità, di Archeologia classica, di Filologia moderna e romanza. Cominciarono ad incrementarsi anche gli istituti di corsi di laurea in Lingue e letterature straniere.

Mario Manca (1988-1995)

Con l’anno accademico 1988-89 la presidenza della Facoltà passò a Mario Manca, ordinario di Lingue e Letterature Straniere, il quale si dedicò con particolare impegno alla realizzazione del nuovo plesso di via Zanfarino, ultimato il quale la Facoltà poté avere a disposizione un maggior numero di aule e locali funzionali.

I professori di prima fascia e di seconda fascia nei sei anni della presidenza Manca si mantennero in una media annua di 50, ma l’offerta didattica fu ulteriormente arricchita dalla possibilità, concessa da un provvedimento ministeriale, di assegnare anche ai ricercatori incarichi didattici.

Gli studenti andarono incrementandosi vertiginosamente passando dai 2300 dell’88 ai 3393 del ’94-95, con un incremento, a conclusione dei sei anni, di oltre 1000 unità.

Sotto questa presidenza giunse infine a termine la trasformazione della Facoltà di Magistero in Facoltà di lettere e Filosofia, avviandosi inoltre il processo di gemmazione da quest’ultima della Facoltà di Lingue e letterature straniere. In quello stesso anno si concluse definitivamente il corso di laurea in Pedagogia.

Nell’a. a. 1994-95 fu avviato il corso triennale del diploma universitario in Operatore dei Beni Culturali alla cui direzione fu chiamato Giuseppe Meloni.

La Biblioteca della Facoltà in questo periodo si arricchì di un discreto patrimonio librario, anche per effetto di donazioni.

E’ indubbio che la presidenza Manca, gestita con ampie deleghe alle commissioni e a singoli colleghi, data l’impetuosa crescita della Facoltà, si è conclusa con risultati sicuramente prestigiosi pur registrando i limiti dovuti ai cosiddetti “mali” dell’Università italiana in genere, diventata ormai di “massa”, e non più in grado di assicurare esiti lavorativi ai propri utenti.

Attilio Mastino (1995-1998)

Attilio Mastino, ordinario di Storia Romana, subentrato al collega Manca dovette misurarsi con la gemmazione della Facoltà di Lingue e Letterature straniere, avviata a sicuro sviluppo, che determinò un iniziale decremento di docenti passati, nel ’95-96, da 45 unità a 31 con un forte rinnovamento interno determinato dal pensionamento di alcune delle figure più rappresentative dei primi anni di vita della Facoltà di Magistero.

L’andamento delle presenze studentesche è stato positivo: ridotti da prima a 1939 unità nell’a.a. ’95-96, per effetto della “migrazione” a lingue, nel 97-98 gli studenti erano circa 3000. Varie le cause di questa crescita, alcune delle quali facilmente ravvisabili: in primo luogo il notevole incremento degli scritti al corso di laurea in Scienze dell’Educazione e in secondo luogo un inaspettato incremento degli iscritti in Lettere, in Filosofia e nel corso di diploma in Operatore di Beni Culturali.

Dopo questa presidenza Attilio Mastino passò ad incarichi accademici di maggiore responsabilità, si ultimarono i lavori di ampliamento dello stabile di via Zanfarino, e fu assegnato l’appalto dei lavori dello stabile destinato ad accogliere non solo gli studenti di Lingue e Letterature Straniere, ma anche l’Aula Magna delle due Facoltà e il Centro Linguistico d’Ateneo.

Anche le attrezzature della Facoltà sono state incrementate con l’avvio del Laboratorio Informatico.

Giuseppe Meloni (1998-2001)

Con l’attuale preside, Giuseppe Meloni, ordinario di Storia Medioevale, la Facoltà sta investendo le sue forze su una maggiore offerta didattica: accanto ad un nuovo corso di laurea in Conservazione di Beni Culturali si è aggiunta la scuola di formazione per docenti di scuola media ed è ora in corso di attuazione quella di specializzazione.

Grazie ad una convenzione già stipulata con numerose strutture educative e formative pubbliche e private, è stato avviato anche il tirocinio per gli studenti in Scienze dell’Educazione.

L’impegno che si profila per i prossimi anni toccherà le strutture, con l’ultimazione dei lavori del nuovo stabile che consentirà di recuperare alla Facoltà di Lettere tutti gli spazi attualmente condivisi con la Facoltà di Lingue.

Al preside Meloni restano i prossimi anni per portare a termine questa fase di sviluppo della Facoltà che dovrà acquisire sempre più connotati europei e al tempo stesso essere, nel contesto della società sarda, un motore di crescita culturale e civile.

Memoria dei Presidi

(1969-1999)

Massimo Pittau (1975-1978)

L’istituzione, nell’anno accademico 1969-70, della Facoltà di Magistero dell’Università di Sassari è stata la conseguenza di un forte impegno di un gruppo di intellettuali e di politici sassaresi, con in testa l’allora sindaco Francesco Guarino. Questa Facoltà invece non era stata mai chiesta dal corpo accademico dell’Università, che anzi se l’è vista imporre contro la sua volontà. La prima conseguenza di questo fatto fu che all’inizio la Facoltà ebbe pochissimi aiuti da parte del Senato Accademico e da parte delle altre Facoltà. Sia sufficiente citare il fatto che, negli anni immediatamente seguenti, pur essendo stata ormai costruita l’enorme fastosa sede della Facoltà di Veterinaria, alcuni istituti di questa tardarono alcuni anni prima di lasciare liberi i locali occupati nella cosiddetta “Caserma Ciancilla” in piazza Conte di Moriana , in cui finalmente era stata allogata la Facoltà di Magistero.

In precedenza era avvenuto anche di peggio. Ovviamente la nuova Facoltà trovava come suo primo referente l’altra Facoltà umanistica dell’Ateneo sassarese, quella di Giurisprudenza, non solamente per la comunanza o la affinità di alcuni insegnamenti, ma anche perché qualche docente di Giurisprudenza o faceva parte del Comitato Tecnico che diresse nei primi anni il Magistero, oppure vi aveva qualche incarico di insegnamento. Ebbene, questi docenti di Giurisprudenza fecero di tutto per avere la Facoltà di Magistero, sia nel suo corpo docente , sia e soprattutto nel suo corpo studentesco, come una autentica “massa di manovra” per la loro personale politica accademica che intendevano perseguire. Basti ricordare che questi docenti di Giurisprudenza, al fine di mantenerne anche il “contatto fisico”, fecero di tutto per opporsi all’insediamento del Magistero nella citata “Caserma Ciancilla”, che ormai era stata in buona parte liberata dalla Veterinaria, fino al punto che sparsero pure la voce che i pavimenti delle aule erano pericolanti, facendo anche chiamare i pompieri per effettuare dei saggi sul pavimenti stessi. Seguirono anni di forti tensioni per la Facoltà, per nulla motivate da ragioni di altro genere.

Per questi motivi – disinteresse del Senato Accademico ed eccessivo interessi di alcuni docenti di Giurisprudenza – i primi anni della nuova Facoltà furono veramente carichi di difficoltà e di disfunzioni di ogni genere. La nuova Facoltà non aveva aule sufficienti e tanto meno aveva Istituti e Biblioteca. A queste difficoltà e disfunzioni non avevano saputo provvedere adeguatamente i due comitati Tecnici che per sei anni avevano diretto la Facoltà neonata anche perché quasi tutti i loro componenti non risiedevano a Sassari né in Sardegna.

C’è però da segnalare un fatto molto importante: quelle difficoltà e disfunzioni furono invece superate in maniera perfino commovente dal corpo studentesco, costituito come risultava in genere da studenti già avanti negli anni, molti dei quali erano già insegnanti nella Scuola Elementare, quasi tutti carichi di larga esperienza umana, culturale e didattica.

Ettore Cau (1978-1979)

Anche se ho tenuto la presidenza sassarese per un solo anno accademico (1978-1979), entro anch’io (volentieri) nel ristretto manipolo dei memorialisti chiamati a raccontare la propria esperienza, in occasione del trentennale di fondazione della facoltà.

L’anno da preside è stato per me l’ultimo di un felice quadriennio trascorso in Sardegna a insegnare Paleografia e Diplomatica, a condurre alcune ricerche sulle scritture sarde che proprio in questi anni sto (mi auguro con qualche profitto) riprendendo, ma soprattutto a riscoprire un mondo e una cultura dai quali mi avevano allontanato, fin dall’infanzia, le vicende familiari. Ma è stato anche un tempo in cui ho intrapreso amicizie con colleghi sardi e non sardi che continuano a essermi carissimi.

Allora gli ambienti culturali sassaresi, e il Magistero in particolare, vivevano la seconda fase di quella lunga stagione di contestazione che, dopo il 1968, aveva nuovamente investito con messaggi rinnovati, ma non meno esuberanti, il mondo delle università italiane. Si chiedevano un radicale rinnovamento dell’insegnamento, sperimentazioni didattiche ben più audaci di quelle fino a quel momento introdotte, il potere pieno dello studente nella scelta del piano di studi e dell’argomento di tesi, una partecipazione attiva della componente studentesca nella conduzione della Facoltà. Una silloge di richieste, spesso velleitarie e confuse, che si riversavano su di una classe docente divisa al proprio interno e comunque incapace di dare risposte unitarie e credibili. Anche perché, obiettivamente, molte delle istanze degli studenti erano inconciliabili con le regole alle quali il preside era tenuto ad uniformarsi.

Non contribuiva certo a rasserenare la situazione il fatto che il corpo docente fosse in buona parte costituito da professori provenienti dal continente, i quali, pur portatori di valori scientifici e di esperienze sicuramente importanti nella vita di una giovane struttura, non potevano (in alcuni casi, non volevano) garantire quel minimo di presenze indispensabili per una accettabile gestione della didattica

Il mio impegno è stato quello di favorire, pur nel rispetto delle regole, un dialogo costruttivo con gli studenti, di snellire per quanto possibile le procedure burocratiche nella gestione quotidiana della vita della facoltà, di creare il clima adatto per una partecipazione più attiva e più intensa dei docenti. Intenzioni che hanno condiviso con me, più di altri, un gruppo di colleghi di diversi settori disciplinari. E anche grazie alla loro intelligente disponibilità che è stato possibile costruire, seppure a fatica, una griglia didattica per la stesura dei piani di studio, con la quale potessero misurarsi, debitamente guidate, le libere opzioni degli studenti.

Nonostante la piena consapevolezza che il brevissimo tempo del mio lavoro occupa un posto del tutto marginale nella vicenda trentennale della Facoltà, rimane in me forte l’orgoglio della partecipazione e della testimonianza.

Ercole Contu (1979/1982)

Venivo dalla Libera Docenza di Paletnologia ed ero stato Soprintendente alle Antichità per le Province di Sassari e Nuoro, nonché prima Professore Incaricato e poi Ordinario di Antichità Sarde, quando, eletto a scarsa maggioranza dal Consiglio di Facoltà, fui nominato il 1° Novembre 1979 Preside della Facoltà di Magistero di questa Università. Tale restai soltanto sino alla data del 9 Maggio 1982, avendo presentato volontarie dimissioni, per non essere riuscito a rappresentare, non tanto gli interessi, quanto la volontà, spesso confusa e discorde o inaccettabile, dei rappresentanti della Facoltà.

Nonostante avessi messo il massimo impegno nell’espletamento delle mie funzioni, non ho un buon ricordo di quel periodo. Per giunta le normali difficoltà di una Università periferica come la nostra, con troppi docenti provenienti, con la valigetta “ventiquattrore”, da sedi lontane del Continente, erano accresciute dal fatto che proprio allora, con D.P.R. 382 dell’11 luglio 1980, si era prodotta nell’Università italiana una grande rivoluzione, e in gran parte positiva, che interessava sia i concorsi ai vari livelli, che la didattica, le rappresentanze e l’organizzazione generale i Consigli, Corsi di laurea, Dipartimenti, Istituti ecc.) Io stesso fui a lungo Presidente di corso di laurea e Direttore di Istituto. In Consiglio di Facoltà si proposero opportune modifiche di Statuto e si cominciò a discutere sulla Legge Regionale su Lingua e Cultura Sarde.

Come Preside non mi riuscì di trasformare, come volevo, già da allora la Facoltà di Magistero in quella di Lettere e Filosofia; né di realizzare l’adeguamento dei locali, allora ridottissimi, a disposizione della Facoltà (fungevano da aule anche i corridoi). Infatti benché fosse stato presentato in seguito a regolare concorso, il primo progetto particolareggiato sull’ampliamento della sede, esso, per misteriose ragioni, non ricevette l’approvazione della Commissione Edilizia del Comune di Sassari. Riuscii comunque ad ottenere un aumento degli stanziamenti dell’Ateneo a favore della Facoltà, che – essendo arrivata per ultima – era ancora considerata un’appendice non voluta e non necessaria delle Facoltà scientifiche e di quella giuridica, con le quali pretendeva di dividere la torta, in verità piuttosto piccola. Una volta urtai eccessivamente con i colleghi del Senato accademico dicendo: – Badate bene che, se la mia Facoltà non funziona, ne soffriranno i vostri figli; almeno nelle scuole Medie e Superiori. Ricordate anche che una Facoltà umanistica dà “cultura”, mentre le vostre danno solo una professione, un mestiere.-

Qualcuno in Facoltà – toccato nei suoi interessi a causa del mio stare super partes – mi accusò di poca democrazia; eppure avevo reso operanti i “pre-consigli” di Facoltà, ai quali tutti indistintamente potevano partecipare, per far conoscere e discutere le questioni sulle quali avrebbe deliberato il vero Consiglio che si sarebbe tenuto successivamente.

Purtroppo per altro – dovendo il Preside limitarsi a segnalare i fatti alle superiori autorità Accademiche – non ebbe pressoché nessun effetto aver richiamato all’ordine, diverse volte, in forma ufficiale, quelli tra i docenti che sembravano trascurare i loro doveri specie nei riguardi della didattica. Ecco anche perché smisi di fare il Preside.

Qualcosa comunque, del mio generale operato scientifico-organizzativo, amministrativo e didattico, deve essermi stato alla lunga riconosciuto, se, con Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, in data 9 luglio 1998, mi è stato conferito il titolo di Professore Emerito, di cui vado fiero; così come lo sono di aver fatto parte di questa Facoltà, ancora oggi in continuo progresso.

Marco Tangheroni (1982 -1983)

Arrivai a Sassari all’inizio dell’anno accademico 1980-81, giovane vincitore di concorso a professore ordinario, con molto entusiasmo – nonostante i malanni che mi portavo e mi porto addosso – e qualche dubbio. L’entusiasmo nasceva dalla possibilità di ritornare in quella Sardegna in cui avevo vissuto, per quasi sei anni tempi felici, sia pure accademici che non conoscevo, salvo qualche compagno di studi a Cagliari come Angelo Castellaccio, Attilio Mastino e soprattutto Giuseppe Meloni, con il quale avevo condiviso importanti esperienze di vita e ricerca in Spagna. Ogni dubbio fu subito fugato: come potrò mai dimenticare la signorile ospitalità di Manlio Brigaglia, direttore dell’istituto di Storia che venivo a sostituire, e le cene a casa sua a discutere di cose serie e forse meno serie, come quelle calcistiche, col mio antiuventinismo e il suo amore per la Juventus? O i pranzi da padre Turtas, ottimo studioso di Storia della Chiesa? Riuscii ad organizzarmi, perché non intendevo essere un flyng professor, ed ebbi un appartamento in affitto quasi simbolico da un altro collega: nuovo amico, Nicola Tanda. Ricevetti molto, insomma, troppo per poter essere qui tutto ricordato.

La Facoltà di Magistero era allora una discreta Facoltà inserita in un’Università di buon livello, caratterizzate l’una e l’altra, da quella fruttuosa circolazione di uomini e di idee che sta scomparendo ( per prassi prima, ora per la nuova legge sul reclutamento dei docenti) propria, un tempo, delle Università “minori” italiane. Certo qualche debolezza se la portava ancora dietro anche per alcune scelte non felici al momento della fondazione, all’inizio degli anni Settanta; certo, non tutti coloro che arrivarono, nuovi professori ordinari, erano intenzionati ad impegnarsi a fondo: ma, nel complesso, il corpo docente locale offriva anche punti di forza e tra i nuovi i più erano venuti con la volontà di dare molto. Ricorderò di questi, almeno Franco Sisti, un grecista con cui abitai per tre anni, uniti dalle stesse passioni (il calcio, gli scacchi, la musica classica) e da un’assoluta incapacità di preparare qualcosa di mangiabile in cucina; e Paolo Pombeni, anche più giovane di me, già avviato a divenire uno dei maggiori studiosi di Storia contemporanea in Italia, di grande apertura culturale; e Mario Toscano, sociologo, vecchia amicizia pisana; e Graziella Federici Vescovini, esperta ed appassionata di astrologia medioevale. Fra i primi trovavo come decano Massimo Pittau, anch’egli conoscenza pisana e come preside un riflessivo archeologo, Ercole Contu; né dimenticherò Pietro Meloni, un “mio” professore divenuto vescovo (e da preside assistetti alla sua consacrazione).

Fuori Facoltà ebbi legami soprattutto con due giovani intellettuali Guido Melis e Antonello Mattone, ambedue studiosi di grande finezza e personalità di ricca cultura: con loro Brigaglia, Meloni e gli altri fondammo il primo dipartimento dell’Ateneo sassarese, uno dei primi in Italia, vivendo così concretamente la recentissima, parziale, riforma dell’Università; le delusioni vennero dopo, fino al radicale pessimismo attuale.

La fiducia dei colleghi, al momento delle dimissioni di Contu, mi portò all’esperienza complessa, ma molto interessante della presidenza della Facoltà, per la quale ero forse troppo giovane ed impulsivo e che tuttavia venne valutata, credo, complessivamente in modo favorevole. C’erano sufficienti risorse finanziarie ed ebbi pieno appoggio da un rettore – Antonio Milella – di notevole abilità, sì che fu possibile avviare la costruzione della nuova sede, accanto a quella, troppo ristretta, della ex caserma. Fu anche possibile, grazie alla disponibilità di nuovi posti da mettere a concorso, preparare, in modo non baronale, un armonico sviluppo del corpo docente della Facoltà. Nonostante i molti impegni (il senato accademico, la commissione di ateneo), c’era tempo anche per la ricerca: ripresi, allora, i vecchi studi di storia sarda, portando a compimento diversi lavori, il più importante dei quali fu certamente un grosso libro sulla storia medioevale di Iglesias.

Nell’autunno del 1983 mi trovai di fronte alla possibilità, non cercata, di rientrare a Pisa. L'”Ora o mai più” che accompagnava l’offerta di richiamo e la considerazione di problemi familiari mi spinsero a lasciare accademicamente Sassari e la Sardegna, ponendo fine ad un esperienza intensa e interessante. Dico accademicamente perché i legami umani e culturali con la Sardegna si sono fatti, da allora, anno dopo anno, sempre più intensi.

Pasquale Brandis (1983/1989)

I due trienni nei quali ho guidato la Facoltà mi sembrano ormai lontani, sono passati esattamente 10 anni, per ricordare analiticamente ciò che costò, come fatica personale e come impegno intellettuale non solo mio ma anche di altri colleghi, portare avanti il discorso dello sviluppo di una giovane struttura non ancora consolidatasi definitivamente, solo un poco affermatasi accademicamente, di recente inseritasi nell’Ateneo turritano più per volontà del territorio, come è stato già ricordato da altri colleghi presidi, che per “filiazione” diretta dell’Università.

Ma di quei sei anni che ho passato alla presidenza della Facoltà (non si era ancora trasformata in Lettere e Filosofia), ricordo bene il fervore culturale e l’avvio della realizzazione delle opere che avrebbero consentito alla più recente Facoltà sassarese, fino ad allora ospitata un pò ovunque, di aver finalmente una sede propria, frutto della ristrutturazione dell’ex-Caserma Ciancilla (avvenuta proprio nel periodo in cui ero preside), già sede della Facoltà di Veterinaria, e di costruzione di un nuovo stabile in via Zanfarino, separata dal corpo più vecchio da un bel parco giardino che piaceva molto anche agli studenti.

Fu un periodo molto impegnativo per lo sviluppo della Facoltà, perché esauritosi il periodo della reggenza tecnica e degli incarichi esterni, occorreva consolidare la costituzione di una classe docente ancorata alla sede sassarese, alla luce della rivoluzione prodotta nel corpo insegnante dalla riforma introdotta nel 1980 e che proprio in quegli anni iniziava a prendere corpo. Professori che da incaricati e stabilizzati, come fino da allora si chiamavano, divennero associati e poi alcuni ordinari che presero servizio in Facoltà dandogli così una fisionomia stabile su cui nel futuro si sarebbe impostato il modellamento culturale, scientifico e didattico di quella che per il territorio restò per molti anni uno dei maggiori riferimenti. A Magistero, infatti, si iscriveranno ogni anno diverse centinaia di studenti provenienti soprattutto dalla Sardegna settentrionale superate come numero solo di recente, dopo la nascita di Economia il boom della Facoltà di Giurisprudenza e la separazione dalla Facoltà di Lettere e Filosofia, del corso in laurea in Lingue costituitasi in autonoma Facoltà.

Penso di potermi a tutto campo onorare, e vantare allo stesso tempo, di avere fatto il Preside nel periodo in cui in Facoltà erano presenti circa una quindicina, o forse più (è difficile ricordare con precisione), di colleghi ordinari vincitori di concorsi banditi proprio con l’intento di consolidare il più velocemente possibile quella fisionomia che da poco si era definita. I colleghi che vinsero sui posti chiamati da Sassari, in larga prevalenza del continente, si rivelarono comunque all’altezza della situazione; molti di loro vennero poi sostituiti da giovani professori nati e cresciuti proprio nella Facoltà che ormai stava iniziando a dare i suoi frutti. Ma fu proprio grazie a quei colleghi esterni a Sassari che il nome della Facoltà crebbe d’importanza e iniziò ad acquistare forza accademica e credibilità scientifica presso le altre sedi italiane, non solo, che ad oggi credo immutata, sicuramente mai superata. Ne sono testimonianza i risultati dei convegni nazionali e internazionali che allora organizzavano, i successi dei colleghi sassaresi nel campo accademico in diverse manifestazioni e incarichi, il parlare che si faceva di Sassari e della sua giovane, ma dinamicamente vivace, Facoltà di Magistero.

E ricordo con piacere anche un altro non trascurabile particolare di quegli anni alla presidenza della Facoltà. Fu, quello, il periodo in cui si iniziarono a separare, e prendere corpo e strutturarsi fisicamente, le prime “scuole”, i primi allievi cioè che poi avrebbero rappresentato un filone culturale di ricerca scientifica e di insegnamento con orientamenti peculiari frutto dell’attività dei maestri di Sassari: ricordo bene la Storia romana e medioevale, quella archeologica e altre, tra cui la stessa Geografia che mi onoro di aver costituito inventandolo di sana pianta visto che di questo settore, né in questa né in altre facoltà vi erano tradizioni. Tutte scuole che, come i fatti accademici dimostrano, sono oggi ben presenti ed affermate nel variegato universo accademico pur essendo ancora giovanissime, per non dire neonate.

Ed a questo contributi certamente l’organizzazione fisica della Facoltà, grazie alla dotazione di strutture rimesse a nuovo funzionamento e a quelle invece da poco realizzate e rese disponibili proprio in quegli anni, consentendo la creazione degli Istituti, che crebbero organicamente abbandonando le superate formule onnicomprensive fino ad allora in essere di “istituti policattedra”.

Allora venne cioè fornito tutto ciò che serviva strutturalmente per fare una Facoltà a pieno titolo, organizzata razionalmente, a pari merito con le altre più vecchie se non storico dell’Ateneo.

Di ciò, ovviamente, trassero ben merito gli studenti che ormai potevano contare su professori sempre reperibili e disponibili (salvo qualche caso estremo) su una struttura attrezzata per fare la didattica, con una biblioteca che nel frattempo era cresciuta e iniziava anch’essa ad assumere una sua dignità anche fisica, con Istituti in cui poter lavorare, discutere con docenti e ricercatori, preparare le tesi e specializzarsi, svolgere i corsi di dottorato di ricerca che iniziarono a venire attivati proprio negli anni della mia presidenza.

Tutte queste vicende, che mi piace ricordare come il frutto del mio impegno personale e del lavoro di alcuni colleghi e collaboratori, sono quelle che mi hanno consentito anche di esprimere una certa cultura di accademia e di arrivare a risultati positivi, conseguentemente al lavoro fatto puntando sulla valorizzazione delle risorse intellettuali, soprattutto locali.

Tali esperienze, ora che sono preside per la seconda volta della Facoltà di Economia, anch’essa nata da poco e con gli stessi problemi di quella che, per prima, guidai sono servite a contribuire all’impostazione della pianificazione del lavoro di sviluppo di questa più giovane struttura; anzi giovanissima, ma con problemi , esigenze e difficoltà, soprattutto di carattere economico, visti i tempi, di gran lunga superiori a quelli dell’allora Facoltà di Magistero. Lavoro che spero di affrontare e risolvere con lo stesso successo, aiutato proprio da quella precedente esperienza che credo accresciuta dal triennio di permanenza alla guida (unico preside per due volte consecutive) in entrambe Facoltà.

Mario Manca (1988/1995)

La Facoltà di Magistero ha conosciuto un periodo di crescita culturale e di mutamenti significativi per meglio adeguarsi alle nuove esigenze dell’Università italiana. L’istituzione di commissioni permanenti e specifiche in seno al Consiglio di Facoltà’ ha portato ad uno snellimento delle procedure burocratiche e ha chiamato i docenti ad una maggiore responsabilità nella conduzione delle molteplici attività’ che l’Università impone. Una partecipazione più attiva dei docenti negli organismi consultivi e gestionali, locali e nazionali dell’Università ha dato un notevole impulso alla risoluzione dei numerosi problemi ancora irrisolti nella nostra Facoltà. Grazie all’intensa attività delle Commissione Didattica e di quella Giuridica. È notevolmente migliorato il rapporto docente-studente con l’applicazione e l’osservanza delle leggi che richiedono la presenza in sede di tutti i docenti nell’espletamento della maturate responsabilità in ordine alla didattica, al tirocinio e alla produzione culturale. La pubblicazione della Guida dello Studente entro il primo Agosto di ogni anno, data di inizio delle iscrizioni all’Università, ha notevolmente facilitato il lavoro di orientamento e di tirocinio. A queste commissioni si deve anche l’organizzazione e l’inizio del Corso di Diploma Universitario in Beni Culturali.

La Commissione Edilizia ha svolto un’intensa ed articolata attività all’inizio nell’adattamento dei locali esistenti alle reali e rinnovate esigenze della Facoltà e poi nella progettazione di un terzo lotto, da adibire ad aule didattiche con annessa aula magna. Sono stati quindi reperiti i fondi necessari per la realizzazione di tale opera: 2 miliardi dalla Regione Sarda e 2 miliardi dal Comune di Sassari, che vedeva così risolto il problema dell’utilizzazione delle cisterne sottostanti ai giardini attigui ai due primi caseggiati della Facoltà. È stata quindi progettata la costruzione di parcheggi sotterranei e richiesta la relativa copertura finanziaria.

La trasformazione della Facoltà di Magistero in Facoltà di Lettere e Filosofia ha notevolmente ampliato le prospettive di studio degli studenti con la creazione di nuovi corsi di laurea e nuovi indirizzi.

La Facoltà ha quindi promosso una serie di iniziative che comprendevano contatti diretti con le altre università – in particolare con quella di Cagliari – e con organismi politici economici e amministrativi locali, regionali e nazionali al fine di collaborare e mettere a disposizione le proprie conoscenze e competenze nel processo di crescita sociale e culturale del popolo sardo.

Sono stati altresì resi operanti ed intensificati i programmi con accordi e scambi culturali con altre Università europee e americane in applicazione dei programmi Erasmus, Socrates e quant’altri.

Attilio Mastino (1995-1998)

Il triennio 1995-98, è ancora troppo vicino a noi per consentirci di tracciare un bilancio definitivo appena credibile: forse posso dire che i tre anni appena trascorsi hanno rappresentato insieme un’avventura personale entusiasmante ed uno straordinario momento di crescita per la Facoltà di Lettere e Filosofia, che ha coinciso con la nascita della nuova Facoltà di Lingue e Letterature straniere (originata dal Corso di laurea omonimo), con la discussione delle prime tesi per il diploma universitario in operatore dei Beni Culturali, con l’istituzione del nuovi corsi di laurea in Scienze dell’educazione ed in conservazione dei Beni Culturali, con il progressivo assorbimento degli iscritti ai corsi di laurea di Materie Letterarie e di Pedagogia (della vecchia Facoltà di Magistero e della stessa Facoltà di Lettere), con la nascita del Comitato di proposta della Scuola di specializzazione per insegnanti, con l’avvio dei nuovi Dipartimenti e Centri di spesa autonomi.

Alla fine del triennio, la Facoltà è cresciuta come numero di studenti, come numero di ricercatori, di docenti e non docenti, anche se si è verificata una riduzione dopo la gemmazione della Facoltà di Lingue con una progressiva differenziazione e qualificazione dell’offerta didattica, di cui siamo orgogliosi. L’immagine esterna della Facoltà è senz’altro migliorata, si sono estesi i rapporti con il territorio ed a livello di Ateneo: abbiamo verificato un deciso salto di qualità, uno sforzo crescente per migliorare le strutture, per garantire i servizi indispensabili, per favorire una partecipazione responsabile degli studenti alla vita degli organi accademici: anche attraverso la trasformazione degli ordinamenti didattici, la Facoltà ha combattuto gli abbandoni, la dispersione, il fenomeno dei fuori corso, incrementando le ore per il tutorato, l’orientamento ed il tirocinio: la risposta è stata un aumento costante delle immatricolazioni, fino ai circa 3200 iscritti dell’anno accademico 1997-98 (cui vanno aggiunti i circa 1300 iscritti della Facoltà di Lingue). È aumentato il numero dei dottorati di ricerca, mentre i fondi destinati al miglioramento della didattica e provenienti dalle tasse degli studenti sono stati fruttuosamente impiegati soprattutto per l’acquisto di nuove attrezzature: il Laboratorio di informatica (venuto a costare circa 200 milioni), diretto dal dott. Piero Borelli, e la Rete di Facoltà, progettata secondo i criteri dell’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (con una spesa iniziale di circa 220 milioni, interamente a carico dell’Ateneo), sono stati la risposta non solo alle esigenze degli studenti del Corso di laurea in Scienze dell’educazione e del Corso di diploma di Operatore dei Beni Culturali, che hanno nel loro curriculum di studi la disciplina di “Informatica”, ma anche un indispensabile passaggio per una qualificazione dell’attività di ricerca. Il consistente capitolo di spesa destinato al miglioramento per la didattica, è stato inoltre impiegato per l’arredamento di alcune aule e per la sala studenti; inoltre per le attrezzature didattiche dislocate presso gli Istituti ed i Dipartimenti, per l’attività di sostegno ed integrative alla didattica, per le attrezzature del corso di diploma, per la stampa della Guida dello studente e del volumetto sui Regolamenti didattici, per iniziative autogestite e per attività teatrali e del tempo libero degli studenti, per borse di studio di partecipazione a convegni e per i viaggi in Italia ed all’estero, infine per le necessità didattiche di alcuni studenti portatori di handicap.

L’impegno prioritario della Presidenza ha riguardato l’ultimazione delle strutture edilizie, in modo da superare l’emergenza che ci ha costretto a dislocare non poche lezioni ed esercitazioni in locali distanti dalla Facoltà: si è andato definendo d’intesa con l’Amministrazione Comunale un accordo sul problema della destinazione per i laboratori delle cisterne dell’ex Acquedotto, dell’assegnazione alla Facoltà di una parte del Centro Culturale dell’ex Mattatoio e della realizzazione dei nuovi parcheggi tra Via Dante e Via Diaz. È stato ottenuto un finanziamento di 3 miliardi dal Consiglio Regionale, che si aggiungeranno ai consistenti finanziamenti edilizi messi a disposizione dall’Ateneo e dal Ministero dell’Università.

Sul piano della ricerca scientifica, allo scopo di raggiungere migliori livelli di efficienza, è stata favorita la dipartimentalizzazione della Facoltà, anche attraverso intese tra Istituti delle Facoltà umanistiche per la nascita di Dipartimenti interfacoltà: sono scomparsi gli Istituti di Filologia Classica, di Filologia Moderna e di Antichità, Arte e discipline etno-antropologiche; sono nati il Dipartimento di Scienze Umanistiche e dell’Antichità ed il Dipartimento di studi etno-antropologici, filosofici, artistici e filologici. L’Istituto e Laboratorio di Geografia si è aggregato ad un nuovo centro di spesa, così come sono nati i centri di spesa autonomi dei Servizi Generali della Facoltà, del Centro linguistico di Ateneo e della Biblioteca interfacoltà (Lettere e Filosofia e Lingue e Letterature straniere): il nuovo statuto della Biblioteca ha previsto un incremento consistente delle attività, con un’apertura ad un’utenza sempre più ampia e con nuovi servizi, compreso il collegamento con altre banche dati. In tema di lingua e cultura sarda, la Facoltà ha assunto alcune iniziative pubbliche ed ha iniziato a rappresentare in Sardegna un preciso punto di riferimento, dopo la nuova approvazione da parte del Consiglio Regionale della legge in materia: ma anziché prospettare una chiusura, un ripiegamento della Facoltà sulla Sardegna, ci si è proposti di fare di Sassari e dell’Isola un punto di partenza per un’attività di ricerca che si qualifichi progressivamente sul piano nazionale ed internazionale: in questo senso sono stati sostenuti i convegni internazionali, i seminari, gli incontri, le conferenze, le mostre fotografiche, che hanno comportato un arricchimento della rete di rapporti della nostra Facoltà con altre istituzioni scientifiche italiane e straniere, anche attraverso la stipula di accordi culturali, l’assegnazione di lauree ad honorem, l’incremento di iniziative di ricerca (INTERREG Sardegna-Corsica), l’estensione dello scambio di studenti, con adeguati servizi e con la promozione dei programmi interuniversitari di cooperazione ERASMUS-SOCRATES, che hanno coinvolto un ampio numero di studenti. La Facoltà ha destinato i fondi del capitolo di bilancio per il miglioramento della didattica anche per incrementare la mobilità studentesca ed in particolare per l’emissione di biglietti aerei pre-pagati. Il tutto per quanto possibile in un quadro complessivo di programmazione e con una puntuale informazione sulle iniziative in corso, che è stata garantita anche attraverso l’acquisto di spazi sul manifesto murale “Tam Tam”, curato dai nostri studenti.

Sul piano del metodo, ci siamo sforzati di garantire la massima trasparenza a tutto il processo decisionale, assicurare una tempestiva informazione, combattere gli sperperi e dare un segnale di serietà e di onestà, così come è stato in precedenza. La Presidenza è stata aperta a tutti ed è stata garantita la trasparenza degli atti.

Al centro della vita della Facoltà abbiamo collocato il mondo degli studenti: da qui l’impegno per migliorare concretamente la qualità della vita degli studenti, evitare disagi, allestire nuove aule didattiche, laboratori, biblioteche, assicurare l’apertura serale della Biblioteca interfacoltà; ma anche fornire opportunità di scambi culturali, di viaggi, di scavi archeologici in Italia e all’estero, attraverso un’informazione costante nel tempo. È stato garantito un più efficiente servizio di tutorato presso gli Istituti ed i Dipartimenti ed è stato approvato il nuovo regolamento didattico di Facoltà. È stato fissato un calendario più rigido per l’esame dei piani di studio, in modo che già nel mese di gennaio gli studenti hanno in genere potuto conoscere le decisioni del Consiglio di corso di laurea.

Quella che rischiava di diventare una Facoltà di periferia, si è mossa con autorevolezza, fino a diventare un punto di riferimento qualificato, soprattutto in alcuni settori disciplinari, in campo nazionale ed internazionale: nel momento in cui in Europa si parlava della possibile abolizione del valore legale dei titoli di studio, si è avviato un processo di crescente competizione tra le diverse sedi, per assicurare una migliore qualificazione e per rispondere alla logica di mercato. La nostra Facoltà ha pensato di resistere qualificando la sua offerta.

Al di là dei toni un poco trionfalistici che spero mi verranno perdonati, non ignoro che molte disfunzioni o insufficienze sul piano organizzativo non sono state superate, che molte speranze sono andate deluse, che molti progetti sono rimasti incompiuti e sono stati ereditati dal Preside Giuseppe Meloni, che mi ha assistito nei tre anni precedenti come Vice Preside; eppure abbiamo tentato, con passione e con entusiasmo, di trovare operativamente soluzioni concrete, di scoraggiare l’assenteismo e la dispersione, di ridurre la durata dei tempi necessari per ottenere la laurea e di favorire una partecipazione attiva degli studenti alla didattica. Non sono poche le soddisfazioni che ci sono arrivate proprio da questa parte.

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