Categoria : memoria e storia

I 670 anni della prima notizia di Chiaramonti (Sassari) di Angelino Tedde

Mi è molto dispiaciuto non partecipare al seminario, [a quanto pare organizzato dal consigliere Migoni], sulla nascita del Castello e del Borgo di Chiaramonti da parte di Brancaleone Doria di Nurra e di Uta e dei figli Cassano, Matteo e altri  compreso Brancaleone Doria junior, avuto dal citato Brancaleone dalla concubina Giacomina e poi legittimato e andato sposo  a Eleonora d’Arborea. 


Gianluigi Marras, archeologo e oggi funzionario della Soprintendenza  di Sassari, nella sua tesi di specializzazione [cito a memoria, riporta due documenti rintracciati sul Codex Diplomaticus Sardiniae dove si attesta la notizia della nascita del Castello e del Borgo, per via di una soffiata del Giudice di Arborea agli Aragonesi Catalani che dopo Alghero s’impossessarono sia di Castelgenovese sia di Casteldoria. Questi Doria nella seconda parte della guerra sarda trecentesca, che li vide protagonisti, un pò si alleavano con il Giudice di Arborea e un pò con gli Aragonesi Catalani. Brancaleone di Nurra e di Uta in seconde nozze sposò la “bella siciliana” figlia di Manfredi [il quale aveva generato   solo figlie  che collocò in mezza Europa] diede in sposa Costanza Chiaromonte a Brancaleone senior che sicuramente le intestò sia il borgo quanto il castello. Queste notizie risalgono al 1348, ma più tardi, esattamente nel 1350, dei Chiaramontesi si parla ampiamente [secondo documento]. Si veda in proposito  Genealogie medievali di Sardagna a cura di L.L. Brook-F.C. Casula M.M. Costa-A.M. Oliva-R.Pavoni-M.Tangheroni, DUE D EDITRICE MEDITERRANEA, Cagliari-Sassari 1983, ma anche il libretto del catalano Ganfrancesco Masdeu, Origine catalana del regnante Pontefice nato Chiaramonti, Stamperia di Luigi Perego Salvioni, Roma 1804, pp. 30 trascritto da Eleonora Ortu in accademiasarda.it.

Per tutti questi motivi, sollecitato da un’amica scrittrice, ho invitato il pilota di Drone, Bruno Manca, a fare delle riprese sia sulla piattaforma miocenica dove fu edificato il castello sia sul borgo circondato da mura [per meglio intenderci Carruzzu Longu, Carruzzu ‘e Ballas e Carrela Longa detta anche Muru Pianedda e tutta via Lamarmora]. Dalla visione dronica si contraddistingue chiaramente l’area di sedime del Castello e i ruderi della chiesa di San Matteo, che grazie all’imponenza danno l’idea d’essere il castello coi ruderi della sua torre di avvistamento, mentre sono i ruderi della chiesa di San Matteo, che all’origine doveva essere la cappella dei Doria, che a San Matteo nel loro demo di Genova, essendo oltre che navigatori anche esattori, dedicarono appunto una chiesa, oggi abbazia.

Successivamente, certamente nel secolo XVI, in parte dell’area di sedie della Rocca fu costruita la chiesa  di San Matteo, dopo la scomparsa delle fragili mura del castello.
Diceva, appunto, Gianfranco Campus, l’archeologo esperto in castelli medievali, che essendo i Doria tignosi, ma anche dei voltagabbana, non si sprecavano a costruire grosse mura[basti guardare i ruderi di Genova, ma anche quello di Dolceacqua, entrambi da loro costruite.] Comunque il castello e il borgo esercitarono su tutta l’Anglona per un certo periodo una vera egemonia tanto che furono gran parte degli accordi con Giovanni I nel 1388.


Coinvolgendo i colleghi storici e archeologi medievisti sarà possibile organizzare in occasione dei 670 del castello e del borgo  un grosso convegno e delle manifestazioni entro il settembre del 2020.
Ringrazio i colleghi Alessandro Soddu-Chiaramonti e Gianfranco Campus per gl’interventi che spero con la partecipazione di altri studiosi e dei nostri compaesani celebrino questa ricorrenza con una certa dovizia di citazioni e con le riprese droniche sullo sviluppo  urbano del borgo che è ormai diventato paese.

Mi spiace che il consigliere comunale citato si sia dimenticato di me, sicuramente perché non legge né accademia sarda, ma nemmeno quanto scrivo su Facebook nel diario “Eventi del borgo ” dove spesso accenno alla storia medievale del paese.

In accademiasarda.it ci sono numerosi articoli, comprese le due ricerche di Gianluigi Marras. purtroppo eccessivamente risucchiato dal lavoro istituzionale. Questo non significa che si possa predisporre un primo quaderno sulla nostra storia medievale, almeno per quanto gli studiosi ci riferiscono.
Il nostro territorio felicemente produttivo nei secoli ci ha lasciato segni indelebili precedenti alla civiltà dei Nuraghi in quella società democratica che era quella delle domus de janas e in quella aristocratica delle tombe dei giganti. Abbondanti anche i Nuraghi, per quanto che ce ne sia solo uno riconosciuto ufficialmente (Nuraghe Ruju), altri sette li ha descritti scientificamente nella sua tesi di Laura un certo prof. Pinna di Osilo, le cui schede sono depositate presso la Soprintendenza di Sassari, quasi tutti poi li ha segnalati e descritti non secondo protocollo ministeriale, nel suo blog  archeologos sardos il prof. Mario Unali.
Della civiltà romana abbiamo indelebili segni [monete e tombe] in Sassu Altu, località non distante dalla fortezza nuragica.
Sul medioevo basti consultare i libri do prof. Mauro Maxia e anche l’ultimo studio di Unali-Dettori,ma soprattutto i Quaderni Medievali diretti da Marco Milanese.

Per l’epoca moderna abbiamo i quinque libri esaminati e riesaminati dai coniugi Soro-Cascioni che hanno registrato nella loro banca dati i matrimoni del Settecento e Ottocento e parte del Novecento. Basterebbe un articolo di presentazione da parte di un demografo e l’opera potrebbe ezzere pubblicata, magari in occasione dei 670 anni.
Sempre del Settecento non bisogna dimenticare la cruenta saga della famiglia Delitala y Tedde e Tedde y Delitala che tra Chiaramonti e Nulvi impegnarono i dragoni di Rivarolo (1735-1738) e accesero anche la fantasia popolare con le imprese del bandito Fais, braccio destro dell’amazzone nobile possidente Donna Lucia Delitala y Tedde e Tedde y Delitala, che andrebbero  inserite nella lotta furibonda tra le varie fazioni dei Tedde che si massacrarono non poco per l’egemonia del contrabbando tra la Sardegna e la Corsica.
Dell’Ottocento abbiamo i numerosi graduati all’Università degli Studi di Sassari, i seminaristi e il numeroso clero nonché la crescita di una borghesia che tra prestiti e riscossioni divenne ricca.  (Si vedano gli atti del notaio Giommaria Satta di Codrongianos) senza parlare dell’influsso delle principali famiglie oriunde di Ozieri e largamente proprietarie del territorio chiaramontese di oltre cento Kmq.
Il Novecento anche se in forma annalistica [Giorgio Falchi], giornalistica e memorialistica [Carlo Patatu] ci offre tanti spunti.  
Concludendo, la ricostruzione storica del borgo, diventato paese, è una storia senza fine perché la documentazione archivistica da una parte, quella pubblicistica dall’altra offrono un mare di notizie tali che prima finirà la storia del mondo che la storia di un piccolo borgo diventato paese e chiamato lungo la storia Claramunt,Clermont, Caramonte (con la cediglia) e infine, Chiaramonti tenendo conto dello sviluppo onomastico delle numerose famiglie Chiaramonti, attestata da uno scrittore catalano fin dal secolo IX e giunto a noi con questa versione. Si veda a proposito anche l’araldica dei Chiaramonti.

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