Categoria : lingua/limba

Il Tevere, Zepara e Solarussa di Massimo Pittau

Gli antichi hanno tentato in modo molto vario e molto maldestro di spiegare l’etimologia del nome del fiume tosco-laziale Tevere (lat. Tiberis, Thybris, Thebris, greco Thybris); si veda la sintesi di questi tentativi presentata da Varrone (L.L. V 30). In epoca moderna, se non vado errato, è stato per primo Wilhelm Schulze, nella sua importantissima e geniale opera Zur Geschichte Lateinischer Eigennamen a prospettare l’origine etrusca del nome del fiume tosco-laziale (ediz. 1991, pgg. 247, 582). Egli lo ha fatto in base alla consonanza di questo idronimo con alcuni antroponimi etruschi. Questa spiegazione etrusca dello Schulze è stata in seguito accettata da Alfred Ernout, Les éléments étrusques du vocabulaire latin (Bull. de la Soc. de Ling., XXX, 1930, pg. 22) e dopo da Giuliano Bonfante, Etruscan Words in Latin (WORD, 36, 3, 1985, pg. 204).Mi dichiaro in pieno accordo con la spiegazione dello Schulze, ma siccome dall’anno della prima comparsa della sua opera (1904) il materiale documentario della lingua etrusca si è accresciuto notevolmente, ritengo di essere in grado di avvalorare molto meglio la tesi della matrice etrusca dell’idronimo.

C’è da premettere che all’inizio il Tevere non scorreva al centro del Lazio, ma segnava il confine del Latium vetus e dell’Etruria e inoltre giocava un ruolo tanto importante nella vita dei Romani e degli Etruschi, sia per l’approvvigionamento idrico sia come via di trasporto per uomini e merci, che era stato anche personificato e divinizzato sotto il nome di Tiberinus (Ennio, Ann. 54; Virgilio, Geo. 4.369). In virtù di questa divinizzazione si comprende il fatto che ne siano derivati alcuni antroponimi, latini ed etruschi insieme, aventi un valore teoforico: Tiberinius, Tiberinus da confrontare con quelli etr. Theprina, [Th]efrina (suffisso –in-); Tiberius da confrontare con quelli etr. Thepri(e), Thefri, Thefarie, Teperi; Tiberio,-onis da confrontare con quello etr. Thepriu (suffisso –on-/-ũ) (DETR 213, 215, 399).

E ne consegue che Tiberis, Thybris, Thebris «(fiume) Tevere» è da confrontare con gli antroponimi etr. Thepri(e), Thefri, Thefarie, Teperi. A ciò va aggiunta la considerazione che Tiberis ha l’accusativo –im e l’ablativo –i, esattamente come altri vocaboli latini derivati dall’etrusco: amussis axis, cratis, curis, glanis, rumis, turris, tussis, ecc. (DICLE s. vv.).

Fino a questo punto son consapevole di aver semplicemente confermato e avvalorato una tesi già sostenuta da altri linguisti, ma adesso aggiungo una importante novità. Una volta confermata l’origine etrusca dell’idronimo lat. Tiberis, si impone questa domanda: è possibile trovare e indicare l’esatto “significato” che esso aveva? Io ritengo di poter rispondere affermativamente, facendo riferimento a un appellativo sardo, anzi protosardo, che risulta ampiamente diffuso in Sardegna: tèppera, tzèppera, tzèppara, sèppera (anche -p-), sèbera, cèbera «pietraia, pietrame, ciottolame, ghiaia», «collina, vetta pietrosa»; tepperárgiu «luogo poco praticabile». Appellativo al quale fanno riscontro i seguenti toponimi sardi: Tèppera (Scano M.), Tèpparo (Tresnuraghes, probabilmente uguali), Tèppore (Montresta), Teppero (Villanova M.), Tzèppere (Ittiri), Sebera (Ortacesus), Zèppara (Baressa, Barumini, Genoni, Gonnosfanadiga, Guspini, Narbolia, Villaverde, villaggetto presso Ales), Zepparedda (Tuili), Zaparárgiu (Villagrande Str.); mediev. Theppar (CSMB 173) (LISPR 207).

A questi toponimi (proto)sardi si aggiunge molto curiosamente, ma anche significativamente quest’altro: Solarussa (localmente Sabharussa) (villaggio del Campidano di Oristano). Nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 25, 28, 32, 68, 172) questo toponimo compare nelle forme di Solarussa, Solagrussa, Solarusa e infine di Cebera grussa.

Considerato che le schede di questo condaghe hanno subìto notevoli rimescolamenti, non è illegittimo considerare come forma più antica quella di Cebera grussa. Il primo componente del toponimo è da connettere col già visto appellativo tèppera cèbera, tzèppera, tzèppara, sèbera, sèppera; il secondo corrisponde all’aggettivo grussu, russu-a «grosso-a», che deriva dal lat. grussus per grossus (DILS). Pertanto Cebera grussa o Solarussa significa «Ghiaia grossa», con un significato che trova riscontro esatto nelle caratteristiche geomorfiche della zona in cui è situato il villaggio: pianura alluvionale del basso Tirso, caratterizzata da abbondante materiale ghiaioso, il quale, inoltre, assume spesso la forma di “cumuli o mammelloni di ghiaia” (LCS I 123).

E la mia conclusione è questa: l’etrusco-latino Teperi/Tiberis «Tevere» in origine probabilmente significava «(fiume) pieno di ciottoli» e ciò in virtù della sua corrispondenza con l’appellativo (proto)sardo tèppera «ciottolame». La corrispondenza fonetica tra l’idronimo etrusco-latino e l’appellativo (proto)sardo è assicurata dal loro trisillabismo e dalla caduta dell’accento sulla prima vocale.

Si deve considerare che la particolare presenza di ciottoli fluviali nelle rive e nel fondo dal Tevere era nel passato molto più facilmente constatabile che nel presente, sia perché il fiume di certo non era ancora costretto fra argini costruiti dall’uomo, sia perché esso veniva attraversato in numerosi guadi e non negli odierni ponti.

Infine c’è da considerare che i ciottoli dei fiumi venivano largamente adoperati dai Romani – ed in seguito da tanti altri popoli – per costruire i ciottolati o selciati delle città.

Se questa mia odierna etimologia dell’idronimo Tevere è almeno verosimile, allora probabilmente abbiamo una importante conferma dell’affinità della lingua degli Etruschi con quella dei Protosardi, tesi che io vado sostenendo da alcuni decenni.

Massimo Pittau

www.pittau.it

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