Ansie di un vecchio blogger di Ange de Clermont

bloggher Svegliarsi la mattina del 7 settembre dell’anno del Signore 2014 alle 4 del mattino, ascoltare una lezione biblica del cardinal Ravasi su RadioMaria, seguire il Santo Rosario di San Giovanni Paolo secondo, quindi da una chiesa del Nord Italia, seguire altro Santo Rosario, Lodi e Santa Messa, levarsi e lavarsi, scendere dal piano alto, recarsi nel soggiorno-cucina, guardare il vasto panorama, preparare il caffé per la nobildonna, portarglielo in camera da letto, scendere giù e fare colazione e poi via verso lo studio per aprire il modem, accendere il Mac, attendere il momento magico del clic sulla tastiera e finalmente vedere la comparsa del tuo maestoso blog, amore e passione da che sei in pensione, vero surrogato virtuale delle lezioni e delle ricerche d’un tempo.  Attendere quei pochi secondi che compaia l’oggetto del tuo principale  interesse, del tuo lavoro silenzioso, quotidiano: postare le poesie e le prose degli artisti che t’inviano le loro opere, degli studiosi che ti mandano i loro lavori, articoli e libri, e cento altre composizioni e provare un immenso piacere quando dai uno sguardo alle visite e alle pagine viste dai visitatori.

Sono trascorsi sei anni da quando il tuo blog da fisso è diventato dinamico. Guardi i numeri: 128 mila visite e  250 mila pagine viste. Circa 70/80 visitatori al giorno , circa 140/160 pagine viste. Dei visitatori il 20% dall’estero e il rimanente 80% dall’Italia.  Non molti dall’Isola, buon segno! Milano, Roma, Firenze, Bologna sono ai primi posti e poi arriva Cagliari, Nuoro e ultima con le gambe storte Sassari e Alghero. Nemo propheta in patria. Azzeccato il detto di Gesù! Sono felice, quasi mi compiaccio, anche se m’immalinconisce il fatto che la vista stia diminuendo e non ho alcuna voglia di fare il trapianto delle cornee che sono terribilmente cheratinate . Sarebbe come rinascere, ma non mi decido al passo a causa della discordia tra due oculiste, la mia dice che non è il caso, l’altra, chirurga, dice che è proprio il caso. Ed io sono come un bue tra due balle di fieno.Ma torniamo al blog.
Il giorno dopo il 7 ottobre, solito protocollo mattutino, entro in studio, clicco invano sul mio blog, ma niente si muove. Aspetto, mi alzo dalla sedia, guardo il panorama che sta diventando autunnale anche se il cielo non ha intenzione  di buttar giù un po’ d’acqua e i contadini hanno poca voglia di arare i campi. Torno a sedermi davanti al Mac, clicco ancora nervosamente, ma il blog non c’è. Chiamo il gestore del server. Mi risponde cercando di farmi capire che si tratta di un guasto e che stanno cercandi di porre riparo. Resto perplesso e mi allontano dal Mac. Che diavolo è successo, mi chiedo, e mentre guardo il cielo una nuvola nera arriva da Tempio Pausania: è la pioggia attesa dai contadini.
Piove anche nel mio cuore un triste presentimento, comincia l’ansia.

Morte di un blog

Attendo invano che il gestore del server mi chiami, a tratti mi pare che squilli il telefono o il cellulare, ma entrambi sono muti. Passo male la mattinata con una cappa di nuvole grigie sul cuore, torno più volte al Mac, chiamo con un clic il mio blog, ma quello non risponde, non appare.
La sera scende più cupa del solito, sono molto nervoso, ho un brutto presentimento, secondo me il blog è morto.
Chiamo il gestore e mi risponde che stanno lavorando intensamente anche i tecnici di aruba.it, che forse ci vorrà sabato e domenica. Chiudo il telefono e comincio lentamente ad entrare in lutto. Trascorro in mestizia il sabato e la domenica, sperando ancora la risurrezione del mio blog. Lunedì mattina chiamo il gestore, mi risponde la moglie e mi dice che il marito è fuori sempre per il server, alle mie lamentele risponde che si tratta di un hacker che ha fatto implodere il server. La saluto e piombo in una nera depressione convincendomi sempre più che il mio blog è morto. Certo, mi dicono, che i contenuti sono al sicuro in un apposito disco, ma sono convinto che il mio blog è morto, inesorabilmente morto.
Mi si gonfia il cuore, sto male, ma nutro un’ultima vana speranza.
Trascorro il lunedì malissimo, dormo a stento, soffro di incubi.
Sogno che mi hanno rubato il Mac, sì il Mac! Chi è il ladro? Eccotelo è lui, il vignaiuolo che mi ha regalato un quintale di cotogne. Lo inseguo a precipizio, lo afferro, lo blocco, ma quello mi sferra un pugno sul naso ed io crollo, nell’altra parte del letto, e mi sveglio col cuore che mi scoppia. Mi ero addormentato sul fianco del cuore che mi fa male davvero. Ah, ma per fortuna il Mac è nel mio studiolo. Un brutto sogno è stato, davvero un brutto sogno.
Scendo nello studio, accendo il Mac, cerco il mio blog, ma niente da fare. Sono passati sette giorni dalla festa del sesto anniversario del blog, clicco, ma quello non  si presenta sullo schermo.

Chiamo il gestore del server, gli manifesto il mio disappunto, ma lui cerca di consolarmi dicendo che non perderò niente che lo ricostituirà tale e quale.
Chiudo il telefono e provo un gran senso di frustrazione.
Il mio balocco sì è guastato, anzi ancora peggio è scomparso. Certamente vedrò la salma. Non reggerò di certo, ma debbo pur farmene una ragione. Quando uno è morto è morto. Sei anni sfumati in un baleno. Millecinquanta scritti dileguati in un soffio di vento.
Mi viene in mente il titolo dell’unico libretto di poesie che pubblicai nel 1978: “Fremiti. Noi siamo vento che passa”. Era il titolo di una poesiache dice:

Noi siamo vento
che passa
Sfioriamo
col nostro respiro
ogni cosa
che il sole
illumina
e l’ombra
nasconde.
Alito
che viene
dal mare
furia
che tutto travolge
noi siamo.
E come il vento
passiamo
e di noi
più niente
rimane.

Commenti

  1. SHOW MUST GO ON, caro prof. 🙂

    Foglie tinte di giallo che accarezzano la terra, segnano il tempo della stagione triste, quella delle prime piogge e delle giornate brevi. In piedi di fronte al balcone della mia casa rinnovata, osservo il giardino che fino ad un mese fa era animato da bambini e ragazzini felici. Cosa cambia nell’animo delle persone, quando le giornate volgono all’imbrunire presto, e nelle case la luce artificiale regna sovrana? Poche ore per godere della luce del sole ristoratore, poche ore per essere invogliato a continuare il giorno, pochi stimoli per costruire i nostri sogni. E continuiamo a ferirci nel corpo e nello spirito, allontanando la consapevolezza del nostro io, capace di scegliere il nostro essere vivi. Allontaniamo le nostre certezze dalla mente, per aprire ad uno stato di abbandono, per frantumare il lavoro desiderato negli ultimi anni. Cadiamo delusi e flagellati dal passare del tempo, chiedendoci se avremo la forza di rialzarci, se avremo un vero amico su cui contare….

    Se …. e c’è sempre un se, sapremo ritrovarci nel nostro sogno, combattendo contro tutti nonostante il tempo passi, e abbattendo i fantastici mulini a vento …..

    Carlo Moretti
    Ottobre 24th, 2014
  2. Mio caro Carlo Leonardo, grazie per il conforto che mi hai dato in questi momenti per me molto tristi. Per un attimo ho visto sfumare il lavoro di anni e pensavo che non ci fosse rimedio. Ho cercato te perché potevi capirmi. Ora che il blog è risorto è rinata la speranza alla quale vorrei accostarne un’altra domenicale: quella di sentire le note della tua chitarra che accompagnano le ansie del cuore in preghiera.
    Ancora un grazie anche per questi versi davvero poetici e profondi!
    Angelino

    Angelino
    Ottobre 25th, 2014
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