Storie e leggende di Pula di Mario Frau prefazione e recensione di Paolo Amat di San Filippo

Mario Frau, Storie e leggende di Pula,La Riflessione, Cagliari 2012 pp.170 €.15,75 (ecommercio 12,75) 

La Storia di una Nazione è come un grande mosaico, ogni tessera del quale è, a sua volta l’insieme delle Storie delle Regioni, delle Città e dei paesi che ne sono compresi.

Di solito la Grande Storia  predilige i grandi eventi ed i relativi personaggi coinvolti, trascurando quella miriade di fatti e luoghi ed in particolare di personaggi che, pur non avendo compiuto azioni degne d’esser ricordate ai posteri con monumenti, lapidi, o intestazioni di strade e/o piazze, hanno vissuto, dando così un piccolo o grande contributo alla vita e allo sviluppo del loro paese.

La microstoria è l’elemento fondamentale per  la  conoscenza dei fattori umani ed ambientale che permettono che si faccia  Storia.

Se non vi fossero stati nell’antichità gli aedi e i poeti che avevano riportato, seppur con una rielaborazione talvolta mitologica, fatti ai quali avevano realmente assistito o che gli erano stati tramandati dai loro antenati, noi non avremmo avuto, oggi, la possibilità di conoscerli.

E’ quindi necessario che qualcuno raccolga i fatti e le persone di un certo paese e li trasmetta ai posteri. Nella fattispecie l’aedo di Pula è Mario Frau.

Quando si vive per lungo tempo lontano dal paese natio, salvo qualche sporadica rimpatriata, la nostalgia riporta alla memoria, come in un film, la vita passata, i luoghi ed i fatti della giovinezza. L’amore per il paese induce a descrivere, di solito con benevolenza i luoghi e le persone  conosciute per impedire che l’affievolirsi della memoria dei testimoni più anziani, e la superficialità dei più giovani possano condannarli all’oblio.

Proprio per questo Mario Frau ha voluto scrivere un libro, dal titolo “ Storie e leggende di Pula”, nel quale, oltre ai suoi ricordi, suoi ricordi e, forte della sua esperienza di pubblicista aggiunse anche episodi di pura fantasia ambientandoli a Pula con protagonisti locali.

 Egli descrive alcuni personaggi reali che, ricordava bene per qualche loro peculiarità, come il banditore pubblico, il pescivendolo Tommaso “Sumpisci”, dalle belle figliole, lo scroccone buongustaio Caboni punito esemplarmente dalla nonna dell’autore,  il corpulento macellaio Cesello, la “bruscia” Peppa Mucchera esperta materassaia, un certo “Figurinu”, ritenuto specialista nella cura delle affezioni cutanee, l’attivo faccendiere Floris.

Ricordava il maialino che avevano allevato  e che una volta cresciuto e ben pasciuto, aveva fornito prelibati piatti in occasione delle feste natalizie nelle quali si era soliti giocare con il “Girlo”, in sardo  “su Barralliccu” particolare trottolina retaggio della antichissima cultura cabalistica ebraica.

 Lo aveva colpito in modo particolare la “Bardana”, subita da un facoltoso possidente pulese ad opera di alcuni malviventi, durante la quale era stata anche assassinata la moglie.

Il possidente, sopravvissuto grazie all’intervento della giovane domestica, che aveva prontamente  dato l’allarme e chiamato i soccorritori, era stata sposata dal vedovo, per cui era diventata sua  erede universale.

Raccontando un curioso fatto legato alla paura dei fantasmi da parte del popolino, l’autore lo ubica nella casa, nella quale attualmente c’è il Museo Civico Giovanni Patroni, nella quale un tempo, abitavano il generale dei Carabinieri Paolo Sanna, e la moglie Elisa Floris Thorel, la quale l’aveva ereditata dalla madre donna Annetta Cugia di Sant’Orsola Nieddu di Santa Margherita, coniugata con l’ingegnere minerario Carlo Thorel.

Durante l’ultima guerra la signora Elisa Sanna perse l’avambraccio e la mano sinistra, quando, durante un’incursione aerea americana del 1943 su Cagliari, uno spezzone esplosivo, attraversato il lucernaio del palazzo avito, sito nel quartiere di Castello, l’aveva colpita mentre scendeva, reggendosi con la mano sinistra, alla ringhiera della scala, per rifugiarsi nella cantina.

La signora non aveva subito danni maggiori al corpo, perchè le stecche d’acciaio del busto, che indossava come era usuale per la signore anziane del tempo, l’ avevano protetta dalle schegge dello spezzone

In tempo di guerra, le cantine delle case dei quartieri di Castello, Stampace e  Marina, erano  utilizzate come rifugi antiaerei, non considerando che se una bomba d’aereo, anche di piccola potenza, attraversando tutti i piani dell’edificio, fosse esplosa nell’interno della cantina, la volta a botte della stessa non avrebbe retto all’effetto della deflagrazione e sarebbe crollata seppellendo le persone.

L’autore riporta fatti di pura fantasia, ma raccontati magistralmente sullo stile narrativo dei “Racconti di Sardegna” di Filiberto Farci, famoso scrittore sardo degli anni trenta, e come quelli, così ben descritti e per di più ambientati a Pula, da sembrare realmente accaduti.

Alcuni personaggi, coinvolti nei racconti, sono realmente esistiti, seppur in tempi molto lontani, come i marchesi di Quirra: don Luis Borja duca di Gandia, nel XVII secolo e don Gilaberto Catalan marchese di Nules, nel XVIII secolo, e l’ultimo Podatario di don Filippo Carlo Osorio de la Cueva y Castelvì, conte di Cervellon e duca di Albuquerque, ultimo marchese di Nules e Quirra, per conto del quale don Pietro Nieddu Meloni, conte di Santa Margherita, gestì il riscatto del feudo nel 1836

Recensione dello stesso prefatore:

L’amore per il paese induce a descrivere, di solito con benevolenza, i luoghi e le persone conosciute per impedire che l’affievolirsi della memoria dei testimoni più anziani e la superficialità dei più giovani possano condannarliall’oblio. Proprio per questo Mario Frau ha voluto scrivere un libro, dal titolo “Storie e leggende di Pula”, nel quale, oltre ai suoi ricordi e forte della sua esperienza di pubblicista, aggiunge anche episodi di pura fantasia ambientandoli a Pula con protagonisti locali. Egli descrive alcuni personaggi reali che ricordava bene per qualche loro peculiarità, come il banditore pubblico, il pescivendolo Tommaso “Sumpisci” dalle belle figliole, lo scroccone buongustaio Caboni punito esemplarmente dalla nonna dell’autore, il corpulento macellaio Cesello, la “bruscia” Peppa Mucchera esperta materassaia, un certo “Figurinu” ritenuto specialista nella cura delle affezioni cutanee, l’attivo faccendiere Floris. Ricordava il maialino che avevano allevato e che una volta cresciuto e ben pasciuto, aveva fornito prelibati piatti in occasione delle feste natalizie nelle quali si era soliti giocare con il “Girlo” – in sardo “su Barralliccu” – particolare trottolina retaggio della antichissima cultura cabalistica ebraica. Lo aveva colpito in modo particolare la “Bardana” subita da un facoltoso possidente pulese ad opera di alcuni malviventi, durante la quale era stata anche assassinata la moglie. Il possidente era sopravvissuto grazie all’intervento della giovane domestica, che aveva prontamente dato l’allarme e chiamato i soccorritori. La ragazza era stata sposata dal vedovo, per cui era diventata sua erede universale. Raccontando un curioso fatto legato alla paura dei fantasmi da parte del popolino, l’autore lo ubica vicino alla casa nella quale attualmente c’è il Museo Civico Giovanni Patroni, dove un tempo abitavano il generale dei Carabinieri Paolo Sanna e la moglie Elisa Floris Thorel.

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