Categoria : filologia

NOSTRA SIGNORA D’ITRIA e i toponimi ITTIRI e ITTIREDDU di Massimo Pittau

 Ittiri (Íttiri) (paese della provincia di Sassari). Il toponimo compare nel Condaghe di Silki (CSPS) (85, 95, 400, 437) come Ithir e dopo negli elenchi dei villaggi della diocesi di Sorres che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana come Itiri, Issir, Isser, Isir (RDS) e inoltre nel quattrocentesco Codice di Sorres come Ittyr, It(t)iry, Ittiri, Yttyri, Yssyr (CSorr). Per queste forme che risultano alquanto devianti io cito una norma fonetica del sardo che era sfuggita a M. L. Wagner: quando è vicina a una /r/, la consonante intervocalica –t– tende a spirantizzarsi, ossia a diventare –th-, anche con un successivo passaggio in –ss-. Invece la caduta dell’ultima vocale è da spiegarsi col fatto che sarà stata scambiata per una vocale paragogica od epitetica (GLSL 36-37).

Ciò premesso, ecco la possibile etimologia del nostro toponimo: in Sardegna è tuttora diffuso e lo era molto di più nel passato il culto di Nostra Signora d’Itria, che esiste od esisteva ad Aggius, Lodè, Siniscola, Onifai, Galtellì, Dorgali, Oliena, Nùoro, Orune, Gavoi, Macomer, Dualchi, Arbus, Nureci, Senorbì, Tortolì, ecc, e soprattutto a Portoscuso, di cui è patrona. Il culto di questa Madonna di certo è stato importato dai Bizantini; e infatti Ítria deriva dal vocabolo greco-bizantino Hodēgétria «Conduttrice, Guidatrice» (da hodós «strada, viaggio» e hegéisthai «condurre, guidare»), il quale, pronunziato Odighítria, ha dato luogo al sardo (Nostra Signora d’) Ítria. In seguito la locuzione è stata in qualche località tradotta nell’altra Nostra Signora de su Caminu Bonu «Nostra Signora del Buon Cammino». È comprensibile l’ampia diffusione di questo culto nella Sardegna del passato (e pure in Sicilia): chi si metteva in viaggio, a cavallo o molto più spesso a piedi, correva spesso il rischio di imbattersi in briganti appostati in punti particolari delle strade; da ciò derivava l’uso frequente tra i viandanti di invocare, prima di mettersi in viaggio, la protezione di Nostra Signora d’Itria o del Buon Cammino.

Il nome di una chiesa campestre presso Nureci dedicata a questa Madonna suona propriamente Nostra Signora de Íttiri; e questa pronunzia non soltanto è indicata da qualche vecchia carta geografica, ad esempio dalla Carta d’Italia del Touring Club Italiano, foglio 40, del 1913, ma viene tuttora ricordata dai vecchi della zona. Oltre a ciò «Il titolo di N. S. d’Itria d’Ittiri, ridotto poi a N. S. d’Ittiri – ha scritto Gian Domenico Serra – si riscontra, ad esempio, per una chiesa suffraganea, in Dualchi (Nùoro), ove la popolarità sua è dimostrata dal fatto che accanto al nome pers. femm. Itria, vige, pur sempre, in Dualchi, il nome pers. femm. Ittiri o Bittiri», con una B- iniziale – dico io – effetto di una supercorrezione. La qual cosa si constata anche in qualche paese del Logudoro, dove una donna battezzata e denominata in onore di Nostra Signora di Itria viene tuttora chiamata Maria Íttiri o seplicemente Íttiri (DSIL 1334). Questo stesso fatto si constata – o si constatava – anche nel Capo di Sotto, in cui il nome di donna figura come Bíttiri e diminutivo Bittiredda (DSI 627).

Tutto ciò premesso, dico che il paese di Íttiri molto probabilmente deriva la sua denominazione da quello di Nostra Signora d’Itria o d’Íttiri. È ben vero che ad Ittiri non c’è neppure il ricordo del culto di Nostra Signora d’Itria, ma si può tranquillamente ritenere che esso sia stato sostituito da quello – effettivamente esistente e molto più recente – di Nostra Signora di Monserrato. Il fatto poi che, secondo questa nostra spiegazione, Ittiri tragga la sua denominazione da un agionimo non ha alcunché di strano: in tutti i tempi e in tutti i luoghi molto spesso gli uomini hanno posto il sito della loro dimora sotto la protezione di una divinità pagana oppure di un santo cristiano.

In Sardegna esistono almeno altri quattro toponimi Íttiri e precisamente nei territori di Bosa, Escalaplano, Santu Lussurgiu e Terralba. Ovviamente si dovrà verificare se nei rispettivi siti esistano resti di chiese dedicate a Nostra Signora di Itria oppure se i toponimi indichino le proprietarie di altrettanti possedimenti terrieri.

C’è infine da precisare che, tra i villaggi che sottoscrissero l’atto di pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona del 1388, il nostro paese viene citato come Bitiri (CDS I 840/1), con una /B/ iniziale supercorretta. Lo stesso fenomeno si constata anche nell’aggettivo etnico, per il quale si hanno tuttora due forme plurali: sos Ittiresos e sol Bittiresos.

Ittireddu (villaggio della provincia di Sassari). Letteralmente questo toponimo significa «Piccolo Ittiri» e gli è stata data tale denominazione evidentemente per distinguerlo da Ittiri (cfr. Berchiddeddu, Sennariolo).

Secondo la testimonianza di G. F. Fara, anticamente i due villaggi – il primo appartenente alla curatoria di Monte Acuto, il secondo alla curatoria di Coros – si chiamavano nello stesso modo: Iteri (Chorographia Sardiniae, 124.14, 21; 170.35; 184.32). Nell’Ottocento e fino a un ottantennio fa, i due villaggi – ormai entrambi nell’unica provincia di Sassari – venivano distinti in questo modo: da una parte Ittiri Fustialbu oppure Ittireddu «Piccolo Ittiri», dall’altra Ittiri Mannu «Ittiri Grande» oppure Ittiri Cannedu (da un villaggetto vicino).

Si deve precisare che fustialbu (fustiáivvu) significa «pioppo» e deriva dal lat. fustis albus «fusto bianco»; e sembra che Ittireddu sia stato specificato in questo modo per una particolare abbondanza di pioppi nella sua zona chiamata sa Funtana ‘e Josso «la Fontana di Giù».

Nella scheda 437 del Condaghe di Silki (CSPS) si parla di ambas villas de Ithiris; la qual cosa viene confermata dalle Rationes Decimarum (RDS), che distinguono tra Issir e Issir josso. Io sono del parere che Issir josso corrisponda ad Ittiri Fustialbu, cioè ad Ittireddu. Precisato questo, c’è da dire che la spiegazione etimologica di Ittireddu è quella stessa di Ittiri.

(Revisione su M. Pittau, I toponimi della Sardegna – Significato e origine, 2 Sardegna centrale, Sassari, 2011, EDES (Editrice Democratica Sarda), pgg. 828-830).

Massimo Pittau

www.pittau.it

 

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