XIII. L’uccisione di un altro archeologo miramontano in sas domus de Janas de su Murrone di Ange de Clermont

Domus de su Murrone foto C. Moretti

L’archeologo miramontano, allievo di Giuanne Ispanu, s’era stancato di uscire con Andria Galanu sia perché questo in genere se ne stava muto e non scambiava il frutto delle sue scoperte. Anzi, dopo la morte di Antonio Pidde, era diventato più diffidente e silenzioso anche con la moglie vulvese che andava sempre più agitandosi vedendo il marito sempre muto come un pesce d’acqua dolce. Lui spesso sbottava dicendo:- Se non ti dico nulla è perché non ho pensieri e del resto per dirti delle sciocchezze preferisco tacere!- La moglie ribatteva:-Tu non me la conti giusta o hai qualche altra donna in mente oppure sei preoccupato per quanto è capitato allo scrittore Ange de Clermont qualche settimana fa.-

Rispondeva Andria:- Ma ti pare che devi avere questi dubbi, da quando mi sono sposato con te ho smesso per sempre di fare fughe e fughette con donne libere e sposate, per cui smettimela. Circa Ange de Clermont non mi meraviglio, con tutto quello che scrive prima o poi gli faranno la pelle. Potrebbe starsene zitto a guardarsi il panorama, invece d’indagare sulla vita degli altri. Del resto lui per quanto cattolico non è uno stinco di santo. Meglio non parlarne.- La moglie tacque e Andria continuò la solita vita tra scavi e ricerche sul territorio.

Si era stufato anche lui di Giuanne Malta e una mattina con gli arnesi del mestiere pensò bene di recarsi verso le domus de su Murrone. Uscì di casa all’alba, percorse s’istradone silenzioso, giunse alla Croce, a Punta de Bonanotte, si bagnò le mani alla fonte di Santu Miale e giù verso Santa Maria de Aidos dove all’ombra delle querce ghiandifere si riposò un pò, riflettendo che anche lì forse bisognava scavare. In quella chiesa di Maria Bambina sia dalla parte esterna che interna c’era della ceramica tra i solchi e avanzi di tegole sarde a pezzetti. Forse doveva esserci stato un villaggio abbandonato e quella non era che la chiesa, divenuta ormai campestre, probabilmnte pievania di un antica villa medievale. Stette lì sovrapensiero e poi si diresse verso sas domus de sa Tanca de su Murrone dove su cinque stanze ne era stata scavata soltanto una. Passò vicino alle proprietà dei fratelli Oltei e poi aperse un cancelletto di legna che portava alle domus. I Pidde, proprietari della tanca, non si fecero sentire e lui si diresse deciso verso l’ingresso dell’atrio della domus. Accese una stearica, spinse il braccio, guardò e, inorridito urlò:-Santa Giusta, un altro morto ammazzato!- Tenne il sangue freddo, entrò nell’atrio, sollevò il braccio dell’uomo supino e, orrore. Giuanne Malta era secco e pesto con un marchio sulla fronte e il fianco squarciato. Non perse molto tempo, lasciò quatto quatto  la tanca e asciugandosi il sudore, svicolò più giù, verso la conca di Baldedu, recandosi con calma dall’amico Bainzu Seddaiu. L’uomo lo accolse festoso e gli chiese che cosa avesse, ma lui rispose:- Niente, compa’, è che da un pò di tempo a percorrere questo territorio mi stanca di più.- Seddaiu gli rispose: – Siamo ancora giovani, ma vi debbo confessare che anch’io ogni tanto batto la fiacca.- Lo fece sedere nella stanza centrale della casa modulare e gli offrì del latte caldo appena munto, mentre la moglie e le figlie si accingevano a predisporre la pentola per fare il formaggio e la ricotta. Bevve il latte e stranamente si fermò più del solito. Era passata un’ora, quando sentirono urlare a più non posso, all’ingresso della tanca: era Martine Pidde che urlava:- Santu Matteu, compare Seddaiu, hanno ammazzato compare Giuanne Malta nella domus della mia tanca!.-

Andria si alzò e il compare cominciò a seguire Martine Pidde che sembrava impazzito. Dovette affrettare il passo anche Andria e tutti e tre raggiunsero la domus dove la buonanima di Giuanne Malta, giaceva esanime, ormai a pancia in su con il marchio a fuoco della protòme taurina sulla fronte e con il fianco squarciato.

– SantaGiusta, esclamò Andria, Santu Matteu gli fece eco Martine Pidde, Santa Maria gridò Seddaiu.

– Compà, disse Seddaiu a Martine, sellate il cavallo e andate a chiamare i carabinieri! Noi vi aspettiamo qui!.

– Martine Pidde, senza perdere  tempo, si recò nel suo casolare, avvertì la moglie e via di corsa verso il paese di Miramonti, ad avvertire i carabinieri.

I due, Seddaiu e Galanu, stettero ad osservare quel corpo esanime  e cominciarono a confrontare il delitto di Antonio Pidde con quello. Stessa dinamica, stesse ferite, stesso marchio. Chi diavolo poteva essere questo spietato killer che ce l’aveva con sos archeologos de Susu?

Nel silenzio imbarrazzante Seddaiu esclamò: -Compa’ non c’è due senza tre, qui è peggio dei delitti dell”82, vi ricordate di Maria Giusta Molinas, Maria Giovanna Brinca e il sicario?-

-Certo che mi ricordo, solo che qui ci troviamo ammazzato il secondo archeologo!-

– E un mistero compà, è un mistero. Compare Giuanne Malta era anche una brava persona.-

-Aveva anche lui le sue pecche, compa’, era cocciuto come un mulo e parlava troppo al punto che sono uscito con lui per una settimana dopo la morte di Antonio Piddde e mi sono stufato, non faceva che parlare, parlare tanto che me lo sognavo anche di notte. Qui però si mette male per noi, dice il proverbio non c’è due senza tre. E chi sarà il terzo, io non vorrei essere quello.

Passò un’oretta ed ecco comparire a cavallo il brigadiere della stazione Carrigni con due militi. Scesero da cavallo, osservarono il corpo e poi, lasciato un milite con Martine Pidde, spedì l’altro milite in paese ordinandogli di  recarsi con un altro milite a Vulvu per avvertire il pretore.

Nel frattempo la notizia si diffuse nel borgo e la gente cominciò ad aver paura davvero ripetendo che non c’è due senza tre.  Matteu Brancone ne parlò col parente Giosi Balchi e il cugino frammassone Nanneddu cominciò a dire che lui l’aveva capito subito che dopo Antoni Pidde ne avrebbero fatto fuori altri. Non erano buona lana sos archeologos però arrivare ad ucciderli così brutalmente era troppo. Il killer stava sfidando il paese. Di certo o era un archeo0logo o era un maniaco che colpiva chiunque entrasse nelle domus de Janas. Il vicario restò inorridito alla notizia e radunò in chiesa un certo numero di santicche per pregare per il defunto. Il sindaco rimase in municipio più a lungo del solito per conversare con il segretario Cassetta che, poveretto,sette anni prima se l’era vista brutta. Il chierichetto che in cuor suo ammirava più zio Nanneddu che il parroco, corse da questo e cominciò a chiedergli:-Chi può essere stato zio Nanne’?- L’uomo facendo il finto burbero gli rispose:

-Chiedi al tuo vicario, che forse pregando Santa Giusta, questa muove il dito e indica l’assassino!- Il ragazzo restò stupito e da quel giorno cominciò a non credere e a cercare di convincere la madre che voleva smettere di fare il chierichetto. La madre gli diede una bella passata di schiaffi davanti al fratello e alle sorelle dicendogli:- Se smetti di fare il chierichetto, ti mando a fare il pastore. Non hai capito che se continui a fare il chierichetto poi il vicario ti manda in seminario e così potrai studiare. Lo sai che sei tonto! Ancora della vita non hai capito niente, fa quello che ti dice tua madre e lascia perdere di frequentare zio Nanneddu che è uno scomunicato.- Il ragazzo capì la lezione e continuò a restare chierichetto anche se ormai la sua anima andava sempre più allontanandosi dall’incenso e un diavoletto gli cresceva accanto per fargli commettere quanto prima qualche peccato mortale.

Le comari di Funtanedda imbastirono tante di quelle storie su Giuanne Malta dicendo che da quando era stato in Francia con Matteu su Franzesu aveva venduto l’anima al diavolo e si era cancellato dai confratelli della Santa Croce e forse per quello era stato ammazzato. Nanna Bellanca, la solita sfacciata, sorrideva e andava dicendo che poteva avere tutti i difetti di questo mondo, ma in quanto a uomo era davvero eccezionale. Quasi quasi,  ma lo disse sottovoce, se ne infischiava di Matteu Brancone. In casa sua, la moglie e una figlia femmina, a sentire la notizia, andavano strappandosi i capelli e aspettando la salma, mentre le comari prefiche si preparavano a narrare il dolore di tutti i familiari per questa morte violenta. Le poverette abitavano in Carruzzu Longu, in alto, e la casa da un lato guardava la chiesetta di Santu Luisi mai completata. Con tutto che ogni anno passava per quella strada la processione della Madonna del Carmelo e di Sant’Elia, sia la Vergine sia il santo profeta non gli avevano salvato la vita. Qualche altra, mentre scuoteva i panni, diceva che tutte le volte che passava la processione, lui, con una scusa saliva la Monte di San Matteo, infatti, il parroco, nel registro dello stato delle anime aveva scritto che Giuanne Malta non osservava i precetti della Chiesa, anima mia libera, per non saper né leggere né scrivere. ma chi glielo aveva detto sapeva leggere e scrivere.

Il medico dal naso rubizzo già ribolliva di rabbia perché come al solito avrebbero chiamato il medico di Vulvu che aveva frequentato l’Università dopo di lui e di certo non capiva  più di lui in fatto di diagnosi di morte. Poi, diaciamolo pure, se uno viene ucciso con due colpi di stiletto, non ci vuole mica molto a capire che cosa lo aveva spinto a morire! Quei massoni del governo però, visto che lui era fratello di un chierico e di un generale medico, preferivano un medico massone.

La sera parve scendere più presto e cupa su Miramonti portando in tutte le case angoscia. Anche Anghela Nigoleddu e il brigadiere Carrigni che le aveva fatto l’occhiolino restarono contristati, ma il brigadiere decise lo stesso di fare di tutto per far capire alla ragazza che la voleva sposare. D’altra parte questi maniaci delle antichità a potevano starsene a casa secchi e pesti invece di andarsi a cercare gratuitamente la morte e togliere la serenità ai militi dell’arma!

La tonca quella sera anticipò il suo lugubre canto e i cani della valle guairono più del solito, mentre le mucche gravide partorirono prima del tempo, anzi si disse che qualche vitello era nato morto.

Il paese e le sue campagne sembrava invaso da una schiera di diavoli che sollevarono un vento così forte che da Carruzzu Longu andava a morire a Funtanedda.

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