Bainzu Truddaju pastore e poeta di Baldedu (Chiaramonti 1921-2001) di Angelino Tedde

Chiaramonti ricorda, a dieci anni dalla scomparsa, uno dei suoi più grandi poeti, la cui raccolta, patrimonio dei familiari, è ancora in buona parte da pubblicare. A 9 anni dalla morte a cura di Gavino Maieli e con la prefazione di Giulio Paulis gli fu pubblicata una vasta raccolta dal titolo Rosas e ispinas de Baldedu, Ivo Melis Editore, Cagliari 1992, pp. 237

Il nostro illustre poeta trascorse la sua adolescenza nei campi, seguendo gl’insegnamenti tradizionali orali del padre. Frequentò le scuole elementari per due anni e poi da adulto privatamente conseguì la licenza elementare.

Già il padre, cantando durante i lavori dei campi o alla guida del carro di buoi era solito cantare in poesia per cui si può dire che fu figlio d’arte. L’uomo scomparve a 47 anni provocando in Bainzu un  dolore così grande che smise di comporre poesie. La madre vedendolo rattristato e inattivo lo invitò a riprendere la composizione poetica. Egli obbedì al richiamo materno e da allora (aveva solo 14 anni) non cessò più di comporre. Ancora giovane, insieme a Giuanne Seu, noto poeta estemporaneo chiaramontese, apprese dal poeta Cicciu Piga di Perfugas la metrica e più tardi con Giovanni facevano esercizio di improvvisatori nei botteghini del paese, spesso allietati anche dai cantanti accompagnati da un chitarrista, tra i quali spiccava per sensibilità musicale Tigellio Mannu. Per alcuni anni Bainzu solcò anche i palchi dell’isola, poi le condizioni di salute gl’impedirono di muoversi dal paese, ma la passione per la poesia, già espressa fin dall’adolescenza, lo catturò sempre di più e lo spinse, nel secondo dopoguerra, a partecipare ai vari concorsi letterari che man mano con la fine della guerra furono organizzati. Nel frattempo sia nella terza pagina della rinata Nuova Sardegna, sia in varie riviste di breve durata, i cultori di lingua sarda, nel rinnovato clima di libertà, cercarono di ravvivare la poesia in limba. Ripresero non solo le gare poetiche in occasione di feste religiose, ma anche i concorsi letterari. In questo clima culturale sorse la rivista cagliaritana “S’Ischiglia” (1949-1957) il cui direttore Michele Contu così si esprimeva nel primo numero rivolgendosi ai lettori: “ Da Montespada a Montalbo, dalle rupi di Corràsi fino al mare la Sardegna canta; canta il pastore nei salti, canta la vecchia serena e la bimba festante, canta la giovane al lavoro dei telai, canta la madre i suoi affetti più cari. Canti di amore e canti di odio. La loro voce che è poesia, sarà accolta e impressa nelle pagine de s’Ischiglia. Dai profumati aranceti ai mistici nuraghi, dai villaggi alle tanche popolate di cisti e d’asfodelo, suona la squilla all’alba che annuncia un nuovo giorno.”

Dal 1951 al 1983 BAINZU coltivò una profonda amicizia con Don Giommaria Dettori anch’egli cultore di poesia in limba. Sono certo che i critici letterari noteranno quanto i due s’influenzarono a vicenda.

Nel 1952 sia lui come l’amico Dettori, ormai famosi per la partecipazione ai concorsi letterari che spesso vinsero, furono invitati a far parte di quella rivista che era diventata un vero monte Elicona della Musa Sarda, visto che vi collaborarono il poeta illustre Pietro Casu traduttore della Divina Commedia dantesca in limba e tanti altri illustri poeti, Mi limito a menzionare Pedru Casu, Salvatore Casu, Antonio Cubeddu, Salvatore Lay Deidda, Paolo Porcu, Foricu Manca, Angelo Dettori e cento altri

 Molte poesie di Bainzu si possono leggere dal 1952 fino alla chiusura della rivista nel 1957 negli annali raccolti in 5 volumi ad opera dell’Editrice di Cagliari. Spesso un gruppo di questi poeti erano ospiti di Bainzu a Baldedu sia per dibattere temi poetici sia per misurarsi coi versi. Tra questi chi apprezzò tanto Bainzu fu il bonorvese Angelo Dettori. Bainzu però continuò ad accudire assiduamente alla pastorizia fino ai primi allarmi del 1976 quando fu colto da un infarto. Abbandonò definitivamente Baldedu nel 1981 a 60 anni. Si stabilì in paese e non cessò di comporre versi fino alla morte (a 80 anni), partecipando a concorsi letterari particolarmente a quello di Ozieri il più celebre in lingua sarda-logudorese.

Della sua abilità di poeta improvvisatore diede prova nel 1971 quando i due poeti Soggiu e Piras, furono invitati a gareggiare sul palco a Chiaramonti. La gara procedeva, ma ad un tratto Piras crollò per dolori lancinanti che non gli permisero di proseguire la gara. Salì sul palco Bainzu che con le sue ottave seppe tener testa con grande entusiasmo dei Chiaramontesi all’altro poeta.

Il mondo poetico di Bainzu

 Bainzu  era un pastore che ha vissuto per tutta la sua vita attiva a Baldedu, in Sassu Giosso, nelle tanche ereditate dai genitori morti precocemente. Orfano di padre a 14 anni e di madre a 15, fu stimolato nella sua crescita di uomo e di pastore da tia Bucciana sorella del padre e da tiu Pinna, fratello della madre. Furono i suoi tutori che gli permisero di conseguire, mandandolo a lezione privata a Perfugas, la licenza elementare; a frequentare con Giovanni Seu le lezioni di Piga, il poeta perfughese. Bainzu lesse tanto di prosa e di poesia sia a Baldedu che in paese e andò sempre più arricchendosi nel maneggiare i diversi metri lirici e ad affinare il linguaggio. Non fu né rimase un poeta “ruzu” come con umiltà si definiva, ma colto e degno di essere annoverato tra i più grandi poeti della Sardegna del Novecento.

Temi delle sue liriche sono il ciclo della vita: la nascita, la giovinezza, la vita adulta, la vecchiaia e la morte. Su di essi il poeta seppe muoversi con spigliatezza e brio. Ottimista al tempo stesso con venature di malinconia. Si vedano oltre alle altre composizioni, i sonetti dei veri gioielli lirici, vero e proprie canzoniere di Bainzu.

Altro tema fu il ciclo del tempo: la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno e le opere e i giorni,  legati a questo scadenzario solare. Noi siamo avvolti dal giro del sole e della luna anche se ormai inurbati non badiamo più né al solstizio né all’equinozio, né all’arrivo delle rondini né alla loro partenza. Bainzu, come un pittore dalla  tavolozza ricca di colori, ci dipinge queste stagioni e le attività ad esse legate. La vita delle bestiame, quella dei volatili diurni e notturni, la vita della vegetazione, per farla breve, nelle sue liriche entra la flora e la fauna universale anche se il suo punto di osservazione è Baldedu e da questa località Bainzu come San Francesco d’Assisi contempla il cielo e le stelle, il sole e la luna, i fiumi e i ruscelli e la vita dei boschi e della prateria pascoliva.

 Non possiamo dimenticare di menzionare anche il ciclo liturgico con la Pasqua e il Natale, la Vergine e i Santi del calendario con particolare riferimento ai  santi protettori di Chiaramonti come San Matteo, Santa Giusta, Santa Maria Maddalena.

Il ciclo degli affetti familiari, pur rientrando nel ciclo della vita e contemporaneamente del tempo, voglio ricordarli: tenere ed emozionanti liriche compone per i genitori troppo presto scomparsi, per la sposa e per i figli, per l’adorata nipotina. In questo contesto non mancano le affettuose poesie agli amici più cari che dimostrano la magnanimità del suo cuore, qualche suo piccolo cruccio, ma nel complesso questa su capacità di comunicazione, di scambio di affettuosità e gratitudine per gli amici.

Un discorso a parte meritano i suoi racconti, conosciuti in genere dagli amici, ma degni d’essere analizzati e valorizzati.

Sempre fedele alle sue scelte non volle convertirsi al verso libero perché le rime parevano dargli più soddisfazione con la musicalità dei versi. Potrei citare consonanze con Leopardi e con Pascoli e con tutti i più noti poeti dell’Ottocento. Bainzu come quelli è stato un poeta legato alla Natura benigna a volte matrigna, alla vita che non riserva solo rose, ma anche spine.

Credo sia venuto il momento che i critici letterari esaminando la sua opera, che bisogna interamente pubblicare e diffondere, diano al nostro poeta il posto che merita tra i poeti della nostra vita contadina fatta di sudore e di modesti raccolti, così come è stata fino agli anni sessanta del novecento, quando anche in Sardegna è nata l’idustrializzazione. Dimenticare Bainzu significa dimenticare le nostre più genuine radici.

Bezzesa

Posta ti nde ses puru subra a mie
che un’amante carigna carigna
majarza ‘ezza, isdentada maligna
iszuffiada e fritta che -i su nie.

Cando t’idio calchi antiga die
passende in sas viuzzas de Sardigna
t’isettaia e ti creia digna
d’esser in s’esser meu rie rie.

Mi parias grasciosa in sa montagna
de vidas e fis bella arrejonende
deo cuntentu ti faghia corte!

Como mi nde se bennida a cumpagna
e dai tantu in tantu , istas nende
chi ses sa fiza manna de sa morte.

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